Sia chiaro, nessuno mi offrirà una cena per quello che sto per dire: Nathalie Giannitrapani è una cantautrice sottovalutata. Direte voi: “Sei matto? Ha vinto X-Factor, fatto Sanremo…“. Risposta semplice, vero. Il guaio è che finora non ha sbagliato un colpo, quindi oggi dovrebbe essere ancora più in alto. Nel 2011 portò “Vivo sospesa” sul palco del Teatro Ariston: pregevole la serata dei duetti, lei in coppia con L’Aura, due ragazze così esili, eppure così combattive. Una melodia comune per un’armonia nuova, unita da due pianoforti.
Nelle scorse settimane Nathalie ha pubblicato il suo nuovo album, “Anima di vento“, a due anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio: molte collaborazioni, da Raf (“Sogno d’estate”, ndr) a Franco Battiato. Lei stessa lo definisce un “album più consapevole, più maturo, più vissuto“. Mi sforzo ad accostarla a Florence Welch ed Annie Lennox, ma lei è un’altra cosa, è una cantautrice elegantemente rock…
A Sanremo Belen disse “…di Nathalie Giannitrapani“, ma dopo pochi secondi cambiò l’accento: “..canta Natalì“. Qual è la pronuncia corretta?
(Ride) ..è alla francese, io dico sempre “sono nata lì!” così si capisce prima e ci leviamo il pensiero.
Carta d’identità a parte, sei giovanissima: si può dire che “Anima di vento” sia il disco della maturità?
La maturità definitiva non arriva mai, c’è sempre tempo per mutare e migliorarsi: di certo è un un album più “consapevole”. Rispetto a “Vivo sospesa”, è il prodotto di un lavoro più lungo, vissuto a pieno, dall’inizio alla fine, nato negli ultimi due anni. Ho voluto evidenziare alcuni aspetti della mia musica, cercando di dare un’impronta più definita ai testi e alla mia personale comunicativa.
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Come siamo arrivati ai featuring dell’album?
Sono tutti artisti molto diversi, con colori musicali differenti. Con Raf è un’amicizia che viene da lontano: mi piaceva l’idea di poterlo avere dentro il progetto, lui ha subito accettato di buon grado e si è messo a disposizione. Molto delicato, artisticamente premuroso. Ha una visione estremamente poetica delle cose, stargli accanto può solo migliorarti.
…e il Maestro Battiato?
Ogni parola sarebbe superflua. In passato avevo avuto l’onore di aprire alcune suoi concerti: in principio ci tenevo molto a sapere la sua opinione su quello a cui stavo lavorando. Siamo partiti da questo, senza un’idea di dove saremmo andati a finire, è stato quasi casuale ritrovarmelo accanto ne “L’essenza”. Un’occasione di crescita, umana e artistica.
Una matrice rock in quello che scrivi e nel modo in cui lo scrivi: odio dirlo, ma in te rivedo a tratti Annie Lennox e Florence Welch…
Sono onorata, lusingata. Di loro adoro la personalità, la forza che le distingue da tanti altri artisti. Per il resto, il mio è un rock cantautorale, a me piace scrivere canzoni, viverle, spogliare la mia anima. Ma non mi sento una cantautrice classica, come quelle di un tempo: a volte mi capita di ascoltare musica piuttosto “pesante”, i miei riferimenti mi spingono a soluzioni impreviste…
C’è un brano del disco che non diventerà singolo, ma che per te ha un significato particolare?
Concettualmente non amo l’idea di dare numeri e limiti a un progetto: i brani non sono mai fatti per riempire un disco. Di certo, come nasconderlo, ci sono brani più importanti di altri, ma non più belli e significativi di altri. Sono molto legata a “L’orizzonte”, simboleggia la creatività votata alla vita, alla capacità di ognuno di noi di prendere in mano le cose. Una strofa introspettiva e personale che esplode nel ritornello.
A X-Factor rifiutasti un brano scritto da Pacifico: sei proprio una ribelle, eh…
Grandissima stima per Gino, oggi più di ieri: fui praticamente “costretta” a scegliere tra lui e me, non tra lui e un altro autore. Da cantautrice orgogliosa non potevo permettere questo! (ride) Oggi sarebbe bello unire il lato autorale di entrambi, non usare un suo brano, ma fondere le nostre personalità. Questo è il mio auspicio…
X-Factor, ancora: chi ti colpì tra i tuoi amici-colleghi di quella edizione?
Difficile fare nomi, sono tutti piezz’ e core! (ride) Lo sai bene, in quel contesto si creano belle amicizie, sintonie inattese: certo, se mi costringi, allora faccio il nome di Dorina Leka, autrice rock giovanissima, ma di grande talento. Mi colpì subito e ancora oggi la ricordo con stima e affetto.
Anni fa dopo aver vinto MarteLive: lì ci fu un video ispirato al romanzo “Alice nel paese delle meraviglie”: in questo album c’è un pezzo che potremmo accostare a una fiaba o un romanzo famoso?
Non ho risposta immediata, ma è una domanda bellissima. Ti prego, fammi pensare, torniamoci dopo…
So che ami molto il cinema, per quale genere vedresti bene la tua musica?
Non vorrei apparire eccessivamente snob, ma visto che ci siamo… Mi piace molto tutta la nouvelle vague francese: in particolare, Alain Resnais fu un autore pregevolissimo. Il suo essere, insieme, contemplativo e descrittivo… Mi piaceva moltissimo il suo modo di dirigere gli attori. Ti dimostro che sono, come nella musica, un tipo bipolare: quindi, vado oltre e cito “Fight Club” ed “Essere John Malchovich”.
La tua canzone chiusa nell’armadio: quella che ascoltavi da ragazzina e oggi torni a fischiettare nei momenti di relax?
Partiamo dal fatto che il carattere cialtronesco è insito in alcune cose del mio passato! (ride) Ho sempre amato fare le imitazioni e una di quei brani che mi divertiva molto canticchiare per casa era la sigla di “Stilly e lo specchio magico”. Credo ci fossero di mezzo i famosi “Cavalieri del Re”, un gruppo che ha fatto la storia musicale dei cartoni animati: tornando alle imitazioni, la cantante di Stilly era una dei miei “obiettivi” prediletti…
Ti tocca, torniamo alla domanda di prima: romanzi e canzoni…
Sono capace di leggere contemporaneamente cinque romanzi insieme: disordinata, se vuoi, ma divoro i libri come pochi. Forse proprio “Anima di vento” è un pezzo con dentro un’atmosfera romanzesca, non riesco a legarlo a un libro in particolare, ma è una canzone con un carattere visionario. Potrebbe essere il punto di partenza per un romanzo, chissà…
(foto by kikapress.com)
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