Sanremo 2005, galleria. O piccionaia, fate voi. Si esibisce una boy band che soffriva parecchio lo stress, i Velvet. Li osservo e li ascolto quasi distrattamente, poi mi rendo conto che quella marcia pop-rock è un crescendo niente male e alla fine sono il primo ad applaudire. Il brano è “Volevo dirti molte cose”, canta Pierluigi Ferrantini, al quale il giorno dopo faccio i complimenti in conferenza stampa e che oggi – a quasi 9 anni di distanza – ritrovo per una nuova chiacchierata. Quel gruppo è maturato parecchio, le sonorità si sono completate, innovate, come lui stesso dice “siamo sempre stati tutto tranne che una boy band“. E’ vero, Pier ama Beatles, Editors, Pink Floyd, Cure, Chemical Brothers. Ma anche Subsonica, Bersani e i Negramaro (“ricordo quando invitai Giuliano a suonare con noi a Milano“). L’ultimo singolo è “Cento corpi”, ma è tutto l’EP che nasconde un’anima nuova, sperimentale, accattivante nell’atmosfera, ancora più incuriosente al secondo ascolto: dal brano “Evoluzione” parte un discorso sulla democrazia in Italia, poi mi tocca abbassare il livello, tra il Festival e l’Uomo Tigre…
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“La razionalità non fa per me“, così canti: è il destino di ogni vero musicista, che dici?
Sai cosa ti dico? La verità è che io sono parecchio razionale, controllato. Ma essere irrazionali, essere tormentati, questo è comunque il destino di ogni uomo, più che di ogni musicista. Credo che a volte convenga lasciarsi trascinare dalle emozioni, dall’entusiasmo, far prevalere l’istinto. E’ l’istinto che fa la differenza in determinati momenti della vita.
Il videoclip de “La razionalità” è praticamente un cortometraggio: in Italia, ormai, YouTube conta quanto iTunes…
Senza dubbio: è la partenza per tutti. Un buon videoclip è “il minimo sindacale”, noi cerchiamo sempre di dare al pubblico qualcosa in più. Il mercato di iTunes mi affascina, per i Velvet i numeri sono buoni, in crescendo: aumentano anche i download legali e noi – essendo indipendenti – possiamo monitorare tutto, giorno dopo giorno.
Tornando ai videoclip: è cambiato molto rispetto al passato, vero?
E’ proprio il senso del video che è mutato: le stesse tv musicali non possono avere il ruolo che avevano anni fa. Con “La razionalità” abbiano dato spazio anche ai dialoghi, abbassando a tratti il volume della musica. Avere un video in alta rotazione su un canale musicale non sposta più gli equilibri, una volta era ben diverso: passavi trenta volte a settimana e quel pezzo diventava una hit.
È finita l’epoca dell’album inteso come oggetto fisico e punto d’arrivo?
Ci penso spesso negli ultimi tempi: oggi vanno molto di moda i cofanetti, le “deluxe edition”, e io ricompro tutto, non me ne perdo uno! Tuttavia, lo ammetto, ho sempre preferito il disco ad iTunes, mentre Spotify risulta fondamentale: puoi ascoltare un album lo stesso giorno d’uscita, da casa, dall’ufficio o dal telefonino.
Boy band: all’estero ancora alcuni fenomeni come One Direction e Little Mix, da noi poca roba, forse siete gli unici sopravvissuti…
In Italia vanno forte i Modà, un buon pop, con canzoni scritte da loro e tanti concerti in giro. Il concetto di band mi fa venire in mente le primissime uscite dei Negramaro: noi stessi li invitammo a suonare al Rolling Stone di Milano, poco dopo il loro exploit a Sanremo. Giuliano mi confessò che per loro eravamo un piccolo punto di riferimento…
Di te tale La tua compagna (Carolina Di Domenico, ndr) ha detto: “In radio Pier fa la scaletta, io mi occupo della conduzione e della ricerca“. E’ vero?
“Jukebox all’idrogeno”, tutti i giorni dalle 16 alle 17. E, comunque, quel che dice Carolina è falso! (ride) Facciamo delle riunioni con la direzione musicale di Radio2, cerchiamo insieme di miscelare le nostre scelte con quelle legate in qualche modo al palinsesto. Lei è certamente più preparata come conduttrice, io sono un musicista ed è in quella direzione che cerco di dare il mio apporto, attraverso analisi e approfondimenti.
E della radio cosa ti piace?
Si possono ancora fare tante cose buone, sbaglia chi dice: “il flusso ha ammazzato il rapporto con i veri appassionati di musica“. Ad esempio, io credo che possa risultare più interessante ascoltare – anche solo distrattamente – una chitarra dei Queens of the Stone Age, piuttosto che quella di Moreno. Senza offesa, eh.
Conosco i tuoi gusti, dai Beatles ai Chemical Brothers: oggi chi ti piace tra i nuovi? Soprattutto in Italia…
Resto sempre affascinato dai Verdena, perché osano, provano ad essere originali, così come i Perturbazione, che stanno indagando nuove strade. Stima infinita, oggi come ieri, per i Subsonica: per noi erano quasi dei modelli. Negli ultimi giorni sono, invece, rimasto parecchio colpito da “En e Xanax” di Bersani, un testo meraviglioso.
Ti tocca anche questa domanda: hai seguito “The Voice”? Che te n’è parso?
Idea di base molto interessante, ma secondo me la voce non è tutto: c’è molto altro, l’artista deve essere soprattutto convincente, possedere un’espressività fisica. Il neo di “The Voice” è stato non fare appassionare i telespettatori ai ragazzi in gara: gli autori sono stati poco abili a creare dei “personaggi”. Senza contare che gli inediti dei finalisti erano di scarsa qualità.
I Velvet inviarono un demo alla Emi, poi il contratto, poi Sanremo… Oggi il percorso è un altro, vero?
Difficilissimo che una major ti metta sotto contratto dopo un demo: l’ultima speranza è che qualcuno porti alla casa discografica il disco già finito. Non ci sono più i talent scout, ma è pur vero che il mercato sta diventando più ampio, si possono fare un po’ di concerti in più rispetto al passato. Vero è anche che la concorrenza è aumentata, sono in tantissimi a suonare.
“Evoluzione”, la mia preferita del tuo EP: parli anche di democrazia e oggi il web ha spalancato le porte della democrazia. Secondo te è davvero un bene?
L’uso dei media è un’arma potentissima, capace di spostare la democrazia da una parte all’altra. Siamo liberi di passeggiare per strada, tutto ci è concesso, ma da noi la democrazia non ha mai realmente attecchito. Non abbiamo capito bene come usarla…
Spiegati meglio, per favore
La storia della democrazia in Italia è ancora troppo fresca. Pensa al governo Monti: lui è stato quasi una sorta di “piccolo monarca”, il paese ha visto in lui un uomo libero, non indicato dai partiti e al quale i partiti stessi dovevano obbedire. La realtà era ben diversa. Il popolo italiano è ancora in attesa di qualcuno che gli indichi la via da seguire, piuttosto che decidere da solo dove andare.
Torniamo alla musica: sempre su “Evoluzione”, nella seconda parte del brano parte un’atmosfera sullo stile di “Anima latina” di Battisti: ci può stare?
Non ho una conoscenza approfondita di quello che ritengo uno dei pochi veri talenti della musica italiana: ricordo bene il disco che hai citato, uno di quelli meno legati al Battisti più melodico, ben più sperimentale, ficcante. Lo prendo come un complimento.
A proposito dell’ultimo EP: è nata prima “Cento corpi” o “I’ve dreamt about your love”?
La seconda, assolutamente: è stata inserita nell’EP, in quanto era una versione utilizzata per alcuni progetti all’estero. In seguito l’abbiamo allungata, risuonata, modificata nella struttura, con un testo tutto nuovo, in italiano.
Quanto conta il testo nelle tue canzoni?
I Sigur Ros stanno costruendo la loro carriera in assenza dei testi, beati loro! (ride) Scherzi a parte, il testo è un valore aggiunto, l’ho capito col tempo. In Italia le parole fanno la differenza tra una canzone di successo e una “ordinaria”.
Il tuo ultimo Sanremo: sulla mano avevi scritto “Hope”, oggi quale parola ci starebbe bene?
“Devotion”, ma non in senso religioso: piuttosto lo stimolo a fare sempre di più, a non arrendersi mai, a credere nelle proprie idee, continuando a combattere le proprie piccole battaglie. Essere devoti a qualcosa di concreto, un’idea, un impegno preso con se stessi.
..ma all’Ariston tornerete, oppure è un capitolo chiuso?
Ho una gran voglia di tornare a Sanremo, soprattutto adesso che abbiamo un paio di canzoni perfette per quel palcoscenico. Sanremo ci ha sempre portato bene: quegli stessi brani, nel tempo, hanno avuto un grande successo. Per cui…
La tua canzone “chiusa nell’armadio”, quella che amavi da ragazzino e oggi ti ritrovi a fischiettare nei momenti di relax…
Ultimamente la sigla dell’Uomo Tigre, senza dubbio: la canticchio spesso accanto a mio figlio Pietro: lui oggi guarda altri cartoni, è bello rivedere quelle cose con lui. Mi fa tornare in mente alcuni ricordi di tanti anni fa.
(foto by Uff Stampa)
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