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Roy Paci: “A Louis Armstrong preferisco Roy Eldridge” [INTERVISTA]

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Nato ad Augusta, di nome fa Rosario. Ma non ha mai fatto l’animatore turistico. Roy Paci non ha nulla a che veder con Fiorello, è un virtuoso dello strumento e oggi rimane tra i più interessanti trombettisti italiani. Nessun paragone con i vari Enrico Rava, Paolo Fresu, Fabrizio Bosso: lui è un’altra cosa, non ha uno stile predefinito, sposa reggae, ska e jazz in un colpo solo. Questa volta è il Festival “Tarantella Power” di Badolato (Catanzaro, Calabria, Italia) ad abbracciare la sua musica, per noi una buona occasione per fare due chiacchiere, per imparare qualcosa di buono. Folla festosa e festante ad accogliere Roy e i suoi Aretuska, lui racconta tutto e di tutto, si confessa a 360°: da Niccolò Fabi a Miyazaki, da Louis Armstrong a Stanlio & Ollio

A bruciapelo: prima di arrivare in Calabria sei stato impegnato a Lecce con alcuni video, di cosa si trattava?

Beh, è ancora un progetto in fase embrionale. C’è un’idea alla quale stiamo lavorando, una cosa alla quale tengo molto, ma abbiamo mosso solo i primi passi. Presto saprete qualcosa.

“Tarantella”, l’occasione per scoprire quanto Sud sia presente nel tuo modo di fare musica: è uno stile vero e proprio, soggetto a contaminazioni?

Penso che la Tarantella, come altre forme di folklore musicale che troviamo in tutta Italia, possa contribuire ad un suono “identitario”: del resto, io sono convinto che dalla musica popolare possano sempre partire grosse innovazioni. E’ lì che cerco la linfa per nuove scoperte, e questi sono tutti passi fondamentali del mio cammino artistico.

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Di recente, a San Foca, hai ribadito il tuo no al “TAP”: stile Celentano, a favore dell’ambiente e contro un certo tipo di “progresso”, chiamiamolo così…

Trasferire il prezioso gas dell’Azerbaijan in Italia passando dalle coste del Salento: il TAP non ha nulla a che fare con la parola “progresso”. A me è sembrato giusto esprimere il mio dissenso, pubblicamente. La mia opinione è che questa sia un’opera più “esibizionista” che progressista.

L’idea di “RoyMundo” mi pare davvero interessante: musica meticcia, musica senza barriere… Come ti venne in mente?

Sono state due carissime amiche a trovare quel nome, io non mi sarei mai permesso, per una questione d’imbarazzo, di essere così auto-celebrativo! (ride). “RoyMundo” è un mondo dove si inseriscono tutti gli universi musicali “solari”, anche con una serie di testi impegnativi. Un lungo viaggio dal sud Italia sino al Brasile: alla base di tutto v’è un ritmo trascinante, colmo di energia, una forza della natura.

“Ecco” di Niccolò Fabi è stato per noi “Album dell’anno 2012”: registrato nei tuoi studi, tra l’altro…

Come sai, ben due pezzi sono “passati” sotto il mio arrangiamento, ho messo il mio zampino! Questo, anche curando con grande attenzione una piccola banda, per un pezzo in particolare. Per il resto, Niccolò è uno di quelli con i quali condivido più piacevolmente scambi musicali e umani, perché è veramente una persona meravigliosa.

La TV ti ha dato tanto, con Chiambretti e Zelig, ma rischiava di “inghiottirti” con il fallimento di “Star Academy”: hai avuto paura di perdere lo smalto alla fine di quell’esperienza?

Nessuna paura, perché ero lì in veste di giurato, non come musicista. Sono rimasto “integro” anche nelle altre trasmissioni che hai citato, la mia identità musicale non è stata mai corrotta. Pensavo che “Star Academy” potesse andare in un’altra direzione, forse si poteva fare qualcosa di più dal punto di vista musicale. Siamo caduti in quel tranello della televisione al servizio della gente, e non al servizio dello spettacolo. Quello, a mio avviso, fu un errore…

Dopo questa lunga serie di concerti cosa farai? Un nuovo disco nel 2014?

Quest’inverno vorrei continuare a lavorare al progetto Roy Paci e Aretuska. Veroa che che il mio ultimo album ha quasi 3 anni (“Il latinista”, ndr). Ci sono certamente altre cose alle quali tengo molto, “CorLeone” in particolare, saremo spesso in giro in Italia e all’estero. Ma la grande sorpresa – mi auguro – quella di fare una bella vacanza! (ride). Mi bastano anche quattro giorni di stop, non voglio volare a Rio, sarà rilassante anche stare sul divano di casa…

Ho visto Stefano Di Battista duettare dal vivo con Alex Britti: c’è qualcuno che ti intriga tra gli artisti di nuova generazione, ai quali “avvicineresti” la tua tromba?

Artisti pop, così vengono definiti dai più. E oggi è diventato praticamente impossibile definire “Pop” un cantante. Siamo tutti meticci. Ai miei concerti arrivano, per fortuna, vagonate di persone: mi domando dove finisce la frontiera del pop e dove comincia l’indipendenza dell’artista? Il mondo discografico è crollato, ancora sopravvive il cantautorato italiano, quello un po’ più semplice, commerciale, ma ho estrema difficoltà a trovare nomi nuovi con i quali collaborare. Se poi sono loro a chiamarmi…

Volo pindarico: dove nasce questo amore per il cinema?

E’ parallelo all’amore per la musica: sono sempre stato affascinato da alcune colonne sonore, su tutte quelle del M° Ennio Morricone. Per il resto, seguo sin da piccolo un certo tipo di cinema, penso a David Lynch e all’Angelo Badalamenti di turno. Sono un grande fan dei film d’animazione, Hayao Miyazaki su tutti. Adoro costruire musica per immagini, è in questo che il cinema riesce a insinuarsi nel mio personale universo musicale. Tra l’altro, prossimamente reciterò in un docu-film girato interamente a Palermo e curerò parte della colonna sonora, posso darti questa anticipazione.

Louis Armstrong tuo punto di riferimento?

Armstrong una grande icona, ha sdoganato il jazz come nessuno mai al mondo. Ti stupirò, ma un altro molto bravo a quel tempo, “allucinante” e forse offuscato dal mitico Louis era Roy Eldridge. Mio padre mi regalò un suo 45 giri e da lì me ne innamorai perdutamente.

In “Nuntereggae più” ti si vede senza tromba per gran parte del videoclip: per te è come una coperta di Linus, oppure non fa differenza?

La fa, eccome. Hai azzeccato la definizione, è una coperta di Linus! (ride). Ho difficoltà ad allontanarmi dallo strumento, la tromba mi scalda, mi conforta, è quasi una “protuberanza” del mio stesso corpo. Riesce a sopportarmi come nessun’altra donna al mondo…!

Scorrendo i titoli dei tuoi album e delle tue canzoni, si percepisce la costante voglia di “giocare”, senza pensare alla meta, ma sempre al percorso… Sbaglio?

Io credo sia usanza tipica italiana quella di specificare la differenza tra suonare e giocare. La musica è il gioco più bello del mondo. Titoli di album e canzoni sono lo specchio del mio modo di intendere questo mestiere, un modo a volte anche fortemente ironico, utile per riappropriarsi delle forme più civili ed educate. Trattando le cose per quel che sono, in maniera solare.

Chiudo: il brano che canticchiavi o suonavi da bambino e oggi ti ritorna, nei momenti di relax…

Ne ho almeno un paio: la prima è “Almeno tu nell’universo”, stupendamente interpretata dalla grande Mimì (Mia Martini, ndr), ma ancora più a fondo mi piace citare Stanlio & Ollio. “Guardo gli asini che volano nel ciel”, mi sembra s’intitolasse così, un brano che mi rilassa e che ricordo sempre con piacere.

Domanda bonus, non posso farne a meno. Parliamo di trombettisti, hai citato prima Roy Eldridge, io adoro Don Cherry: vuoi fare qualche altro nome di una tua personale classifica?

Le mie pietre miliari: Lee Morgan, Freddie Hubbard, Lester Bowie, Mongezi Feza e, last but not least, il grandissimo Dave Douglas. Un caro amico e, attualmente, il miglio trombettista al mondo.

(foto by kikapress.com)

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