Come recita testualmente il regolamento della S.I.A.E. “Chi dirige l’esecuzione di opere musicali di qualsiasi genere deve compilare, prima dell’esecuzione o immediatamente dopo, il programma di tutte le opere effettivamente eseguite e consegnarlo all’Ufficio incaricato della riscossione del diritto“. Perché diciamo tutto questo? Perché anche prima, durante o dopo una semplice festa di compleanno toccherà stare attenti ad inserire nel borderò il brano “Happy Birthday“, che ci crediate o no una canzone a tutti gli effetti, con autori realmente esistiti. A Manhattan, infatti, è finita in tribunale per stabilirne l’appartenenza: alla casa discografica che pretende ancora di possederne i diritti, oppure all’intera comunità globale che la intona da oltre un secolo? Difficile soluzione, eppure la regista americana Jennifer Nelson ha “aperto una strada”…
Liberiamo i compleanni!
Un documentario intitolato “Happy Birthday”. In sottofondo la stessa canzone, con conseguente pagamento dei diritti alla Warner/Chappell (sussidiaria del Warner Music Group che nel 1988 ha comprato, per 25 milioni di dollari, la Birchtree Ltd., proprietaria teorica del pezzo). La Nelson ha accettato di pagare 1.500 dollari per passare “Happy birthday” nel suo documentario: dopo aver regolarmente firmato un contratto, ha deciso di fare causa alla Warner. La canzone è ormai, almeno secondo lei, patrimonio comune, sarebbe senza senso riconoscere una somma a qualcuno per poterla utilizzare.
La regista americana pare essersi trasformata in una vera e propria “pasionaria del motivetto”, una Giovanna D’Arco delle sette note: adesso, addirittura, vorrebbe far partire una class action, per liberare il brano e costringere la compagnia a rimborsare coloro che hanno pagato senza motivo per così tanti anni. No, non stiamo parlando di Marilyn Monroe…
Un po’ di storia
Alla fine dell’Ottocento le sorelle Smith Hill avevano creato “Good Morning to All“, stessa meodia, ma con un testo differente rispetto alla nostra “Happy Birthday”. I versi effettivi del pezzo ormai notissimo al grande pubblico erano stati composti proprio dalla gente comune. Stando così le cose, la Warner/Chappell avrebbe incassato (indebitamente) due milioni di dollari all’anno per il suo uso.
(foto by kikapress.com)