Queste è una di quelle interviste che io definisco pericolose. Perché, da una parte, fa tornare in mente la famiglia “unita e piena” di quand’eri bambino. E, dall’altra, stimola il cronista a trasformare in juke-box l’interlocutrice di turno. Alzi la mano chi non conosce Cristina D’Avena: qualche settimana fa ho scoperto che domina la classifica dei dischi più venduti su eBay (c’è chi ha speso oltre 3.000 euro per un suo LP): sotto di lei gli Aerosmith, Michael Jackson, Battisti e i Genesis. Giusto il complesso del quartierino.
“30 e poi…” è un cofanetto che raccoglie tutti i suoi successi, un’antologia dove trova posto anche un omaggio a Lucio Dalla (“non eravamo grandi amici, sarei ipocrita a dirlo, ma quando lo incontravo era sempre cordialissimo con me“). Per Cristina il tempo sembra non passare mai: il recente sodalizio con i Gem Boy le ha quasi regalato una seconda giovinezza: in concerto sono capaci, insieme, di radunare migliaia di persone, piccoli e grandi che si divertono, saltano e ballano sulle note di “Occhi di gatto”, “Mila e Shiro”, “Pollon”, tutte rivisitate in chiave rockeggiante. Con lei parliamo del passato (come tirarsi indietro?), ma anche di attualità (“i Talent Show non sono un male“) e di un sogno per il prossimo futuro, legato al nome di un grande artista col quale ha condiviso gli inizi della carriera, anche se solo indirettamente…
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“30 anni e poi…”. E poi cosa, Cristina?
(ride) I miei primi 30 anni di carriera con alcune delle canzoni più significative: non ero ancora maggiorenne e già cantavo alcuni di questi pezzi. Non mi sarei mai aspettata di arrivare fin qui, io volevo diventare neuropsichiatra, pensa un po’. Questo disco è solo la prima parte, la seconda sarà a sorpresa: ci stiamo lavorando…
Il legame con i Gem Boy: chi l’avrebbe mai detto??
Concerti strepitosi! Questo sodalizio è nato per caso, quando mia sorella lavorava con Red Ronnie: una volta mi chiesero di fare una serata al Roxy Bar, ma non avevo una band. Furono proprio loro due a suggerirmi i Gem. Il destino me li ha fatti incontrare in autogrill: appena mi hanno vista, sono andati in visibilio! Carlo (il leader) mi ha regalato il suo disco, l’ho ascoltato e mi è piaciuto, così, su consiglio di Clarissa (mia sorella), ho deciso di iniziare questa avventura insieme.
Ci hai regalato un estratto di “Pollon”, perché hai scelto proprio quella?
E’ la prima che mi è venuta in mente, un classico: quando la canto i ragazzi saltano come matti, la intonano a gran voce. Dai, è stata una scelta casuale, non c’è un motivo particolare.
Alcuni cantautori sono quasi entrati in guerra con le loro canzoni di successo: a te è mai capitato?
Se canti una cosa 8 miliardi di volte, alla lunga rischi di stancarti, è normale. Ma esistono dei brani che sono talmente impressi nella nostra mente che non puoi fare a meno di inserirli in scaletta. “Mila e Shiro” e “Occhi di gatto” sono due canzoni che devo sempre cantare, altrimenti sarebbero guai…!
Sei la regina delle sigle: oggi queste fanno da contorno, mentre anni fa erano il 60% o 70% di un cartone animato: sei d’accordo?
Beh, è vero: oggi ci sono troppi canali, il bambino sta davanti a quella “scatola magica” e può scegliere quel che vuole. Non esiste un’affezione particolare per quel tipo di cartone o per quel personaggio. Va bene che ci sia tanta scelta, ma non troppo. Secondo me ci vorrebbe un solo canale, tematico, con tanti bei cartoni dedicati ai bambini. Dobbiamo pure tenere conto del fatto che, complice il Web, la concentrazione è fortemente diminuita…
..ma tu li guardi ancora i cartoni?
Da piccolissima amavo i cartoni della Disney, “Biancaneve”, “Cenerentola”, “La carica dei 101”: ho tutti i Dvd originali, erano la mia passione. Penso anche a quelli che mi riguardano da vicino, “Mila e Shiro” o “Kiss me Licia”. “I Simpson” sono simpaticissimi, li guardo, sono lontani dal mio essere, ma devo riconoscere il loro essere all’avanguardia.
Perché nel cofanetto hai inserito l’omaggio a Lucio Dalla con “L’anno che verrà”?
Partiamo da Bologna: c’incontravamo ogni tanto in Via D’Azeglio, dove lui abitava, poteva capitare di prendere un caffè, fare due chiacchiere. Era una persona estremamente carina, disponibile, elegante. Quando ho finito il disco, ho pensato che non potevo non inserire questa canzone: ero molto affezionata a “L’anno che verrà”. Ma Lucio ed io non eravamo due veri “amici”, sarei un’ipocrita a sostenere il contrario e vantarmi di un legame che non è mai esistito.
Ti sarebbe piaciuto portare al cinema il personaggio di Licia?
Si potrebbero fare tante cose, io tante volte ho portato progetti, azzardato delle idee nuove, vediamo, speriamo che qualcosa accada..
Mina ti ha “coverizzata” in passato: sei svenuta quando hai appreso di questa cosa?
La mia “Sempre attento al regolamento” divenne “Tu dimmi che città”, era il 1994. Sono rimasta scioccata, non è stato un onore, ma molto di più. Avevo già lavorato con suo figlio (Massimiliano Pani, ndr.), per cui ritrovarmi davanti questa “opportunità” non poteva che rendermi doppiamente felice. Max sapeva bene quanto fossi artisticamente innamorata della madre, è stato bellissimo.
Talent Show, li guardi?
Ho seguito parecchio “Amici”, non posso negarlo. E mi è piaciuto, soprattutto per il concetto di scuola, di disciplina che regna lì dentro. Esistono tanti talenti in giro, voci strepitose: io ho fatto un percorso lungo, graduale, chi fa un Talent salta tutti i passaggi. La cosa più importante è restare con i piedi per terra, mantenere umiltà. E’ vero che c’è posto per tutti, ma per rimanere in questo mondo, tocca studiare, allenarsi, credere in quello che si fa, stare sempre “sul pezzo”.
Hai qualche rimpianto artistico?
Mi è dispiaciuto non continuare a fare le sit-com: un’onda che ho smesso di cavalcare quando, forse, era il momento adatto. Ma tutto cambia, dobbiamo essere sempre pronti: è destino, se qualcosa deve accadere, prima o poi accade. Mi è andata bene, non posso lamentarmi.
Il duetto dei sogni?
Adoro Jovanotti, il suo modo di porsi, la sua adrenalina, il suo carisma, la sua sensibilità. Abbiamo iniziato più o meno lo stesso anno e nella stessa azienda: lo vedevo saltare per gli studi, era solare, determinato, di buon umore, con un’aria scanzonata davvero coinvolgente. Sono passati quasi trent’anni: mi piacerebbe un pezzo suo, oppure che lui stravolgesse uno dei miei. Sarebbe un bell’incontro! Una cosa del genere non c’è in Italia, le mie sigle sono fiabe che riscuotono successo anche tra gli adulti e, se ci fai caso, il mio pubblico e quello di Lorenzo non sono poi così lontani…
(Ph. Maurizio Montani)
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