Sulla strada a passo d’uomo sempre alla ricerca dello showtime. Proprio prendendo in prestito i titoli di tre canzoni contenute nell’ultimo album di Francesco De Gregori si può tentare di riassumere il concetto artistico che sta dietro il lavoro di ricerca espressiva di uno dei maggiori cantautori italiani. Nel lungo tour seguito alla pubblicazione del disco “Sulla strada“, De Gregori, tappa dopo tappa, sta dimostrando al suo affezionato pubblico senza età di non volersi privare della gioia di suonare dal vivo, di vivere la dimensione del palco che regala sempre nuovi significati al delicato rapporto con gli spettatori. Delicato è proprio il termine giusto per un artista come De Gregori che definire schivo e riservato è forse riduttivo; in “Guarda che non sono io“, incisa con l’accompagnamento degli archi di Nicola Piovani, ammette candidamente: “Lo vedi, sto scappando”; un personaggio che non ama raccontarsi più di quanto tenta di fare attraverso le canzoni.
Anche al Teatro Politeama di Catanzaro, in occasione del concerto tenutosi ieri sera davanti ad oltre 700 spettatori, il cantautore romano ha proposto una nuova pagina del suo viaggio musicale vissuto “sulla strada”, influenzato dal mito di Bob Dylan e dalle radici americane – anche se risale a solo due anni fa la scoperta del libro -manifesto di Kerouac – ma anche dal sangue romantico che scorre nella melodia tutta italiana. E allora, dopo essersi presentato al pubblico con alcune delle puntate musicali più recenti, è lo stesso De Gregori a “riaprire la gioielleria” dei ricordi senza, però, abbandonarsi alla nostalgia. Del resto la strada tracciata negli ultimi tempi è quella di un rinnovato entusiasmo nel proporsi al pubblico con maggiore serenità e voglia di osare. Una certa sfacciataggine che si respira anche grazie agli effetti scenografici e alla splendida sintonia con una band affiatata e tecnicamente ineccepibile, guidata dal maestro Guido Guglielminetti al basso, Paolo Giovenchi e Lucio Bardi alle chitarre, Alessandro Arianti tastiere e fisarmonica, Alessandro Valle mandolino e pedal steel guitar, Stefano Parenti alla batteria e Elena Cirillo violino e vocalist.
LA FOTOGALLERY DI DE GREGORI LIVE A CATANZARO
Proprio la presenza di strumenti sia elettrici che acustici, che emergeranno in diversi assoli, offre la possibilità a De Gregori di dare libero sfogo alle sue diverse anime: dopo un voluto attimo di sospensione, si sale di nuovo a bordo del “Titanic” prima di riaprire gli occhi con “Viva l’Italia” e riassaporare il gusto di un’antica ballata dall’incedere lento come “Generale“. Tutto d’un fiato si salta dal rock di “Tempo reale“, “Un guanto” e “Il Panorama di Betlemme“, allo scatenato country di “Battere e levare” e al rock’n’roll di “Finestre rotte“, ma anche al valzer lento delle più recenti “Showtime” e di una “Bellè Epoque” venata di rebetiko. I momenti di pura emozione si vivono, però, in sottrazione quando il “principe” lascia per un attimo la chitarra e la fidata armonica per sedersi al piano e parlare di sentimenti come pochi altri riescono a fare grazie a piccole grandi gemme come “Sempre e per sempre” aprendo, al contempo, il libro de “La storia“.
Il momento più intenso coincide con la scelta originale, sicuramente non dovuta, di legare la splendida “Santa Lucia” al ricordo dell’amico di sempre, Lucio Dalla, con cui De Gregori ha scritto le pagine memorabili di “Banana Republic” e condiviso due tour trionfali: in coda alla canzone, quella che Lucio amava di più, riecheggia l’accenno strumentale di “Com’è profondo il mare” ed è subito magia. Alla fine la standing ovation del pubblico suggella un’autentica testimonianza di affetto nell’unico momento in cui il leader sul palco si toglie il cappello per far parlare il cuore.
Il finale vede ancora De Gregori in vena di sorprese con la cover di “I cant’ t help falling in love with you” di Elvis, con tanto di effetto “mirrorball”, sebbene l’inglese e la veste da crooner non si adattino all’immagine consolidata dell’artista. E allora meglio ricordare i classici come “La donna cannone“, “Buonanotte fiorellino“, riletto anche in versione bandistica, e “Rimmel” intonata a gran voce da un pubblico pronto ad emozionarsi sempre come se fosse la prima volta. Un’altra serata è volta al termine ed il viaggio deve continuare. “Non è ancora già domani, ma non è nemmeno ieri”…
(recensione di Domenico Iozzo e foto per gentile concessione di Antonio Raffaele)
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