Quando imparerà a suonare la chitarra, sarà la Joan Baez italiana. E non ce ne sarà per nessuna. Pilar è una cantautrice D.O.C. e anche D.O.P.: certo, perché una che ama la frutta di stagione e i prodotti biologici va naturalmente accostata alle cose buone, quelle da conservare come reliquie. Il nostro lungo incontro comincia con un caffè preparato lentamente (con le sue manine), prosegue tra aneddoti, speranze e un live emozionante e si chiude (dopo circa due ore) ascoltando insieme un po’ di musica. L’aggettivo che esce più spesso dalla sua bocca (anzi, dalle sue labbra) è ‘sensuale‘: dare peso al senso, in ogni occasione, questa una delle sue prerogative. Ilaria Patassini è un bellissimo essere meticcio (pur essendo romana, ha legami con la Puglia e la Sicilia), ha un colore internazionale (ha dimostrato a più riprese di saper cantare anche in francese, inglese e spagnolo) e un sapore quasi unico, quello che non stanca mai. E’ semplice e diretta in quel che fa e complicata in quel che dice e pensa. Da oltre due mesi avremmo dovuto sederci su un divano e chiacchierare: alla fine ha avuto ragione lei, l’attesa è l’elemento che impreziosisce ogni cosa…
La speranza avvolge il progetto di Legambiente “Italia, Bellezza, Futuro”: come ci sei arrivata, ma soprattutto come ne esci…?
Di base penso che non si debbano dimenticare mai le proprie radici: io, ad esempio, sono per un quarto pugliese, mentre con la Sicilia – terra di luce e di sensi – ho un feeling particolare. Lì è tutto portato agli estremi, è un grande contrasto che mi affascina, che mi ammazza, terribilmente ‘sensuale’. Il progetto è una campagna che viaggerà per tanti mesi: una proposta di legge importante, come testimonial ho capito sul territorio cosa può cambiare davvero la realtà. A Succivo, vicino Caserta, ho conosciuto tante persone che hanno restaurato e aperto un casale, dopo un lavoro di quattro anni. E’ da questo che si deve ripartire: per vivere la bellezza tutto il resto è attesa, come diceva qualcuno…
Hai avuto la possibilità di esibirti solo con archi e corde: mi spieghi tecnicamente come cambia l’impostazione della voce in contesti del genere?
Quando canto mi sento a casa, a mio agio. Lavoro sempre a stretto contatto con i musicisti, per me è come preparare una cena, assaporare ogni momento della costruzione. In situazioni del genere la mia voce diventa strumento, tocca fare linee armoniche differenti. Mi diverte e mi tiene sempre “in tensione”, una tensione impagabile.
Credo che in prospettiva potresti essere la Joan Baez italiana, anche per il tuo impegno civile, la tua passione per i diritti naturali delle persone…
Mi piace molto tutto questo. Accolgo complimento e suggerimento. Ho studiato la voce, è lei il mio strumento: vedo la musica in maniera verticale, sono da sempre abituata ad avere molto rispetto per i musicisti. Presto vorrei fare delle cose da sola, magari in alcuni momenti di uno spettacolo. Ma non potrei mai suonare sola per una serata intera. E poi, detto tra noi, per diventare padroni di una chitarra o di un pianoforte, occorrerebbe prendersi un periodo di pausa e studiare lo strumento. Un lusso che oggi in pochi possono permettersi…
Esclusa a Sanremo 2010, “Meduse” ha avuto ugualmente fortuna, anche grazie al progetto di Legambiente: forse più di quanto ne avrebbe avuta al Festival! L’hai seguito quest’anno?
L’ho seguito con estremo piacere, musicalmente è stato molto valido. Mi piacerebbe partecipare: lì c’è uno sforzo di ottimizzazione legato al ruolo della televisione, sarebbe una sfida fantastica! Fossi stata in gara, avrei portato qualcosa che avesse un’unità di scrittura, il tutto declinato con dinamiche diverse. In un contenitore del genere devi arrivare con un progetto che ti rappresenti molto, una roba spendibile in più direzioni. Mi viene da paragonarlo a una cucina con poca spesa: è lì che si vede l’ottimo cuoco…
A proposito di musica in Tv, che mi dici a proposito di Talent Show?
In passato (seconda edizione di X-Factor) mi sono avvicinata a quel mondo. Istintivamente non volevo andare al provino decisivo, poi tutti i miei amici mi consigliarono di “fare il passo”. Fui riempita di complimenti da Morgan, ma fu lui stesso a bocciarmi. Quello è un ambiente lontano dalla mia natura, mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Marco disse davanti alle telecamere: “Tu sei troppo brava, ma non ti posso prendere...”. Lì per lì ci rimasi molto male, poi ho provato forte gratitudine per lui. Andiamo oltre: un artista è tale (e non talent) quando costruisce una sua storia, quando costruisce una distanza santa, e non presuntuosa, con il pubblico. Per me uno spettacolo è un rituale e la sacralità è data dalla distanza, che è quasi una forma di rispetto verso chi guarda e ascolta. Far vedere quello che c’è dietro un’esibizione è come far vedere a un uomo che ti metti il fondotinta prima di uscire con lui. Non va…
Chi altro ti affascina in Italia? ovviamente dopo il nostro amico Bungaro…
Con Tony c’è una grande affinità, un profondo legame di amicizia, non siamo gelosi l’uno dell’altro. Quando scriviamo insieme, le cose ci arrivano con una semplicità vergognosa, inoltre ci raccontiamo tutto a proposito di idee e collaborazioni nuove. Dopotutto, i rapporti che non finiscono mai sono proprio quelli che si nutrono d’altro, sapendo che riusciranno presto a rinascere, a rincontrarsi. Altri nomi di prestigio possono essere Pacifico, Joe Barbieri, Capossela. Paolo Conte e Fossati sono monumenti, personaggi probabilmente inarrivabili…
M’incuriosisce un evento che ti vedrà protagonista: il 30 maggio sarai ospite-giurato al Festival “Eroticanzoni” di Prato…
Un Festival organizzato da Mirko Guerrini, sassofonista di Bollani. A “Dottor Djembè” (dove mi esibì con due miei brani) mi propose di fare un concerto a Prato, nel ridotto del Teatro Politeama: a concerto finito, Mirko mi parlò di “Eroticanzoni”. La bellezza non può esimersi da una marcata sensualità: a parte la componente erotica, sensualità è una cosa che tocca i sensi, ha un’armonia anche nella sua asimmetria. Per quella data immagino una letteratura erotica da suonare sul palcoscenico: dovremo inventarci qualcosa, è una piccola grande sfida, non vedo l’ora…
Perché tra tanti oggetti da amare, proprio la prua delle barche a vela?
Adoro il mare. Mi piace la navigazione d’altura, non amo stare in spiaggia: la barca a vela è un modo di vivere il mare che mi restituisce il senso delle cose. Di base sono una persona inquieta, riesco a sedarmi solo nei boschi e, appunto, in barca. Lì posso permettermi il lusso di stare ferma, perché tutto intorno si muove per me. Pensa che da piccola restavo ore e ore col vento in faccia. Ormai per me è quasi una forma di preghiera.
C’è una canzone che canti sotto la doccia o che amavi da piccolina?
Mi hai fatto venire in mente una cosa e adesso ce l’ascoltiamo pure! Sanremo 1990: Ray Charles interpreta “Good love gone bad”, la versione angloamericana de “Gli amori” di Toto Cutugno. Ricordo mio padre e me in lacrime davanti alla Tv. Non sarà la canzone che canto di solito sotto la doccia, ma stasera probabilmente lo farò. Musica da pelle d’oca, nuda e sensuale.
(Ph. Paolo Soriani – paolosoriani.com)
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