Disc-History: Roberto Vecchioni, Il cielo capovolto (1995)

Cosa avrò fatto mai di tanto strano perché tu capitassi proprio a me…“. Parte da questo verso il nostro 4° appuntamento con Disc-History, non necessariamente album che hanno fattola storia della musica, ma storie che hanno in qualche modo segnato la nostra esistenza. Roberto Vecchioni non ha mai deluso le attese, ogni sua uscita è sempre stata accompagnata da almeno una o due perle luminose: “Il cielo capovolto” esce nel 1995, una serie di brani che a riascoltarli oggi – in realtà – non si arriva neppure a capire di che epoca siano. Potrebbero essere scritti tranquillamente 10 anni prima o 10 anni dopo. La traccia omonima è una delicata sinfonia, un testo che va dritto al cuore e che si presta a un secondo ascolto (“A chi darai la bocca, il fiato, le piccole ferite, gli occhi che fanno festa, la musica che resta e che non canterai?“). Una canzone che, così arrangiata, quasi richiama “La compagnia” di Lucio Battisti…

Mai un pezzo alla volta, preferiamo andare in disordine. Da una ballad sinfonica al più classico pop, musica leggera che ruggisce e spara forte alla testa dell’amata. “Il tuo culo e il tuo cuore” posa su queste dure piattaforme d’argilla, ode appassionata a una donna imprescindibile e, a volte, inarrivabile: “Ci son notti che starei a guardartelo per ore ed ore, ed ore altre notti che vorrei farmi piccolo tra le pieghe del tuo cuore e guardarci dentro per capire il tuo dolore…“. Come fosse un colpo al cerchio e uno alla botte, Vecchioni passa dalla sciabola al fioretto, scomoda Fernando Pessoa e tocca un tema logorato nel tempo, come i mazzi di fiori, quelle lettere d’amore che “per forza fanno ridere”, col poeta che rifugge la pienezza delle parole, riscoprendo – tardivamente – la sazietà di un atto d’amore: “..e che invece di continuare a tormentarsi con un mondo assurdo basterebbe toccare il corpo di una donna, rispondere a uno sguardo…

Matrice amorosa, sentimenti che impazzano, sensazioni che si scontrano, del resto è un disco che parte con “Le mie ragazze” e chiude con “Conversazione con una triste signora blu“, là dove il colore sta a significare la presenza misteriosa quanto luccicante della luna stesa in cielo. Capovolto, appunto. Amara chiosa di un racconto dove, a metà del percorso, trova spazio anche una celata presa in giro dell’artista puro, dello scrittore (musico o poeta che sia), un piccolo genio a lavoro che quasi strizza l’occhio alla semplicità armonica dei Dire Straits: “Guardatelo, sognatelo, ma non toccatelo e per amor del cielo non disturbatelo! e non vi venga in mente di parlargli dei figli, della moglie o di altri vuoti dettagli!“. Disc-History dice arrivederci con un pezzo che sa di buonanotte, a tratti commovente. Questa volta, senza alcuna citazione. Basta il titolo.

(foto by kikapress.com)

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