Disc-History: The Dark Side Of The Moon (1973)

Un numero che, inevitabilmente, fa la storia. Non che serva la quantità per stabilire un percorso, ma quarant’anni sono tanti: quattro epoche completamente diverse tra loro, suoni e costumi che si sono avvicendati e che sono stati attraversati da uno dei dischi mai pensati: “The Dark Side Of The Moon”. In Italia erano gli anni di “Il giorno aveva cinque teste” (Dalla), “Storia di un impiegato” (De Andrè), “Alice non lo sa” (De Gregori) e “Far finta di essere sani” (Gaber). No, non eravamo messi troppo male. Certo, i Pink Floyd erano un’altra cosa, erano una rivoluzione di atmosfere, erano quelli che bastava andare al concerto e chiudere gli occhi. L’esempio italiano più noto è il live a Venezia del 1989: l’emozione senza tempo provocata dall’assolo vocale eseguito da Clare Torry

Difficile restare indifferenti rispetto all’ultimo lavoro in studio dei Pink Floyd: era il 1994 e “The Division Bell” segnò un momento importante, con “Coming Back To Life” piccolo grande regalo di una produzione infinita e infinitamente preziosa. Bisogna risalire a vent’anni prima per trovare il manifesto di una generazione e di quelle a venire: “The Dark Side Of The Moon” (1973) è tutto questo, un poster fatto di suoni e di colori lanciati nel cielo. Fondo nero, un raggio di luce rifranto da un prisma e scomposto in un arcobaleno: se pensi ai Pink Floyd, pensi a quell’immagine. Come quando immagini una donna ideale e ne trovi sempre e solo una davanti agli occhi…

Clare Torry (la cantante) lasciò lo studio convinta che non avrebbero usato la sua voce nell’album: dovette ricredersi quando vide il disco in un negozio e vide il suo nome tra i riconoscimenti (fonte: Wikipedia). “The Dark Side Of The Moon” resta probabilmente il più limpido esempio di concept album mai pensato in tutta la storia della musica: brani come “Breathe (In The Air)”, “Any Colour You Like”, “Eclipse” e, appunto, “The Great Gig In The Sky“, tutto immaginato nel cielo, tutta una serie di scosse spazio temporali assestate da un uso perfetto dell’organo Hammond. Sapiente utilizzo di strumenti elettronici per un album evocativo, di quelli che girano in macchina per un lungo viaggio senza stancare mai, un pacchetto di canzoni “universali” che raccontano la realtà, immaginando un mondo altro. temi universali. La società e l’uomo, il suo lato luminoso e il suo lato oscuro. Noi e loro, insomma. Us And Theme.

(foto by facebook.it)

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