Quando c’è la voce è già un’ottima partenza. Per tracciare l’itinerario bastano pochi elementi: la voglia di studiare, la consapevolezza che il successo e la notorietà svaniscono molto presto, l’amore per antichi valori, il desiderio di collaborare con altri artisti. Manuel Aspidi sta costruendo così il suo presente, senza la smania di conquistare il futuro: fece commuovere Maria De Filippi, quando nell’annata 2006/2007 abbandonò la scuola di Amici.
Il cammino ha inizio con “Soli a metà”, primo vero singolo, e arriva a “Notte di luglio”: una crescita costante. Allievo dell’ottimo Fabrizio Palma, il giovane livornese si racconta, aprendo un baule di umiltà, ricordando il debutto a Cinecittà e accennando i progetti per il prossimo futuro: con quella timbrica così vicina al mai dimenticato Alex Baroni, svela i suoi favourites di Sanremo 2013, la passione per l’universo Walt Disney e ha un bel pensiero per Lucio Dalla, a pochissimi giorni dal suo compleanno. A me piace definirlo soul-ista: a giudicare dal mini live registrato per noi, la definizione non è poi così azzardata…
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Secondo te cos’è cambiato ad Amici negli ultimi anni?
Sai, prima facevamo tutto quanto: lezioni di danza, recitazione, ginnastica artistica. Tra l’altro, il mio fu l’anno in cui nacquero le squadre in bianco e blu. E’ cambiato anche il modo di promuovere i singoli artisti: per noi c’era solo la compilation, ognuno col suo singolo. Per me il 2007 è stato l’anno di “Soli a metà”, andò benissimo, non posso che essere soddisfatto e grato a tutta la produzione. Col tempo si sono fatte spazio le major, il format è diventato ancora più potente, un vero show musicale a 360°.
Il primo impatto lì dentro e il primo fuori dalla scuola…?
Tantissimi provini. Una trafila lunghissima. Non me l’aspettavo affatto, un’emozione grande per la quale non riesco nemmeno a trovare aggettivi. Quando arrivi lì, pensi e speri di arrivare sino alla fine, in finale. Il percorso è stato parecchio formativo, sono cresciuto moltissimo, anche umanamente. Inutile nasconderlo: è stato più bello entrare che uscire! Tanta notorietà fuori da Cinecittà e la consapevolezza che senza l’amore per lo studio non sarei andato da nessuna parte. E continuo a studiare canto, è indispensabile…
Su Facebook hai fatto intendere qualcosa di nuovo: cosa…?
Io e il mio pianista abbiamo lavorato a una nuova versione del mio primo singolo, “Soli a metà”: una roba diversa, tutto unplugged, piano e voce. Per Velvet Music ho pensato a un breve estratto del brano, poi ci sarà un regalo più completo per tutti i miei fan con la long version. Se lo meritano, sono anni che mi seguono, che mi supportano. E’ il minimo che posso fare.
Tre nomi per te: Pierdavide Carone, Niccolò Agliardi e Alex Baroni…
Son cresciuto con le canzoni di Alex, era capace di cantare con l’anima, come pochi. Pierdavide è diventato un caro amico: ricordo che stavamo allestendo uno spettacolo e, tramite Grazia (la sua ragazza), riuscii a conoscerlo. In seguito ha scritto per me il testo di “Notte di luglio”, è stata una proficua collaborazione. Sono andato personalmente a casa di Niccolò Agliardi: avevamo in mano la musica di “Soli a metà”, poi ci siamo messi a lavorare sulle parole. Lui è stato fondamentale, preziosissimo. Senza di lui non so come avrei fatto…
Giochiamo, con chi avresti duettato a Sanremo quest’anno? L’hai seguito?
Mi è piaciuto molto Marco Mengoni. Appena ho sentito “L’essenziale” non ho avuto dubbi sul fatto che potesse arrivare fino in fondo. Sarebbe bello, prima o poi, duettare con lui! Ho seguito il Festival un po’ meno rispetto alle edizioni precedenti, ma ho trovato belle le canzoni di Chiara e Annalisa, davvero bravissime. Non voglio essere banale e ripetitivo, ma anche Elio e le Storie tese sono stati stratosferici: un grande esempio musicale, immensi complimenti a tutti loro…
Che musica ascolti?
Amo Stevie Wonder, Anastacia, Michael Bolton, Ray Charles. Sono loro i miei punti saldi. In Italia parto da Alex Baroni e Giorgia, per me la più bella voce italiana. Come vedi è tutto un tappeto di soul, il mio genere preferito: adesso vorremmo lavorare a qualcosa di meno commerciale e più ricercato. Una via di mezzo, seguendo quelle che sono le mie inclinazioni interpretative.
Qualcosa mi dice che presto potrebbe arrivare una canzone sul tuo nipotino, può essere?
C’hai preso! Una delle cose che mi piacerebbe fare al più presto. Devo essere sincero, scrivere non è “il mio mestiere”, sono interprete e riconosco i miei limiti autorali. Ho delle storie da raccontare, da lì nascono tutte le mie canzoni. Tornando a mio nipote, ti dico che per me la famiglia è importantissima, mia madre è il mio punto di riferimento e quello che sono oggi lo devo soprattutto a lei.
La canzone sciocca che canticchiavi da ragazzino…?
Ero fissato con le canzoni della Walt Disney, ma mica una, forse 2-300! Cantavo di tutto, dalla mattina alla sera. Mi vengono in mente “Hercules” o “Il Gobbo di Notre Dame”: pensa che proprio mia madre era costretta a mettersi i tappi nelle orecchie, poverina…
Lunedì omaggio a Bologna per Lucio Dalla: hai un ricordo personale?
Guarderò la tv, sicuramente. Stimo Dalla in maniera viscerale: ci manca, ma la sua musica ci accompagna sempre e dà grandissimi insegnamenti a noi giovani. Anche sotto il profilo umano. Ho cantato spesso la sua “Caruso“, una fortissima emozione: tanto ascoltarla, quanto interpretarla. Forse Dalla non era un soul man, ma aveva il soul nella voce. Faceva venire i brividi.
(foto by facebook.it)
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