Prima cosa: è una cover fatta bene. Naturale, spontanea, essenziale. Guarda con rispetto all’originale edizione 70’s dei Fleetwood Mac, ma cambia colore, sapore. Parisse sale sul tetto del mondo e canta “Don’t Stop” con tutta la dolcezza e la passione che popolano il suo cuore. Emerge l’anima meticcia di questa brillante artista italo-canadese, la voglia irrefrenabile di non fermarsi al richiamo di ieri, guardando al presente e sognando il domani. “Perché domani sia migliore“, cantava qualcuno. Sarà anche casuale, ma oggi è 27, la somma di questi due numeri fa 9 e proprio negli States c’è la credenza che questa cifra porti bene: il videoclip di “Don’t Stop” si fa apprezzare lentamente, proprio come i grandi sentimenti, le passioni che nascono così, all’improvviso e che poi nessuno può bloccare. Adesso non provate a fermare Parisse: il bianco e nero che mira al cielo contrasta perfettamente con tutte quelle frasi colorate che quello stesso cielo provano a disegnare. Il video? Me lo faccio raccontare da lei…
Perché sul tetto?
Il tetto è un elemento fortemente simbolico, rappresenta un senso di speranza. Vivere la città dall’alto, lasciandosi dominare dal vento, vero grande ospite di questo video. Special guest: The Wind! Nessun effetto, insomma. Era una giornata bellissima, ma freddissima e ventilata. Dopotutto, “respiro” è stata la parola chiave del nostro lavoro.
E’ venuta insieme l’idea di giocare sul contrasto tra il bianco e nero e i colori del testo?
Tutto chiaro sin dall’inizio, tutto chiaro dalle prime battute. Con Luca Bizzi (il regista, ndr.) abbiamo lavorato sul concetto di vitalità: anche se intorno tutto è fermo, non per questo ci si deve fermare. “Don’t Stop”, appunto. Tutti quei colori davano vita al bianco e nero: pur essendo il nero un colore di grandissimo impatto…
Aneddoti dal backstage…
Ci siamo arrampicati in cima al palazzo, con l’uso di una scala! Ho rischiato molto, bastava fare qualche passo indietro e Valentina non c’era più…
Il testo dice: “It’ll be, better than before“. Sarà meglio di prima, insomma…?
Mai dimenticare quel che è stato. Non bisogna avere nessun rimpianto: la mia filosofia è la stessa di “Don’t Stop”, mi piace andare sempre avanti, la mia vita personale corre accanto al mio lavoro, forse perché vivo tutto con un forte spirito musicale.
Qualcuno vi guardava dalle finestre di fronte?
Assolutamente si! E soprattutto in questo ho visto la forza della spontaneità, della nostra capacità di fare gruppo. Anche chi non era lì vicino a me ha contribuito a questo progetto. Erano in tanti a guardarci, a osservarci. Hanno ballato, hanno partecipato, a modo loro. Loro come me, naturali, accompagnati dal sorriso.
Negli ultimi mesi è cambiato qualcosa nel tuo modo di fare musica, pensando a Don’t Stop?
Il cambiamento è fisiologico, sono dell’avviso che non ci si debba mai ripetere: vivo con interesse questo momento storico che ci accompagna, non sono estranea all’attualità. Questo porta a creare qualcosa che sia lo specchio di questi giorni. Artisticamente, poi, sono molto attenta alle nuove tendenze, riguardo alla natura dei videoclip: mi piace il modo di lavorare di Jovanotti, amo molto la musica e gli ambienti di Ed Sheeran. Vivo accanto alla realtà, del resto l’arte è rappresentazione di quel che sentiamo, giorno per giorno…
..e adesso che facciamo?
Il 22 aprile sarò in concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma, dove interpreterò, insieme con la band e con la partecipazione di Phil Palmer, brani estratti da “Vagabond” (disco d’esordio, ndr.) e altri pezzi del mio repertorio.
Io ci sarò, anche perché mi hai fatto una promessa…
Me la ricordo, si! Ti aspetto!
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