Ma ad uno che in gita scolastica s’innamora dei Beatles… Ma cosa gli volete dire? Il fatto è curioso, più in basso ve lo racconta Jacopo Ratini, cant-autore melodico, ma anche no. Gioca con la musica, si diverte con le parole, scrive racconti di vita (vissuta e immaginata) e non ama mai rivedere le sue esibizioni. Non ama neppure ricordare il suo look sanremese… Ve lo ricordate? Categoria Giovani: su quel palco, nel 2010, cantava “Su questa panchina”… Arriva in redazione con i capelli raccolti e la barba incolta. Più di un po’. E da raccontare ne ha tante…
Partiamo dalla parola “successo”: i soldi facili e la voglia di essere Yoko Ono, se rinasci…
Il successo più grande è l’affetto del pubblico. Prima di Sanremo e dopo. “Ho fatto i soldi facili” è un pezzo al quale sono molto affezionato, so che ti piace, dopo la cantiamo. “Se rinasco voglio essere Yoko Ono” è il mio libro di racconti: a volte penso che quella sia la mia vera anima, scrivere e raccontare. Tutto quello che mi passa per la testa.
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…e il successo come è stato?
Guarda, io ho sempre avuto un percorso in testa. Molto chiaro. Un percorso che non so dove mi porterà, ho avuto tanta visibilità, ma l’importante è stato sempre condurre un cammino dignitoso, coerente. Se penso a Sanremo, penso a una grandissima emozione. Potessi, ci andrei tutti gli anni: lo guardavo anche da piccolino, non mi vergogno a dirlo. Forse è stato “intaccato” dal televoto, tre minuti sono davvero pochi per cambiare la vita di una canzone.
Prima del Festival avevi avuto riconoscimenti d’autore, eri già prima un vero cant-autore!
Diciamo che avevo già il mio pubblico, si. Il Premio Lunezia, Musicultura: due esperienze diverse e importanti, sempre per quel percorso di cui parlavo prima. Quelle sono occasioni che ti fanno crescere veramente, che ti preparano al grande salto.
Sei saltato dentro l’Ariston…
Ancora mi rivedo e penso che avrei dovuto vestirmi diversamente. Quello che arriva su quel palco è “un prodotto”, confezionato e anche migliorato dalla casa discografica (la mia era la Universal). Qualcuno ha detto che ero il cantautore della ragazzine, dalla faccia pulita, dai buoni sentimenti. A me interessava e interessa ancora raccontare qualcosa: non una canzone d’amore, ma le cose semplici della vita. E’ la mia esigenza, senza dubbio.
Insomma, Jacopo Ratini AMA. Nel senso che hai trovato pure il tempo di scrivere un pezzo sulla raccolta differenziata…!
Si, l’AMA… Pensa che io avevo proposto quella canzone (La raccolta differenziata) circa 3 anni prima. Molti credono che sia stato un brano scritto “su commissione”, invece no! dopo la partecipazione al Festival mi chiamarono… Non ho preso un soldo per fare quella cosa, ma mi ha fatto piacere fare qualcosa di utile, attraverso il mio mestiere.
Dei tuoi colleghi che mi dici?
Ho conosciuto Povia molto tempo prima che diventasse famoso. Rosalba (Arisa) è una cara amica, la stimo, si merita quello che sta raccogliendo adesso. Poi mi piace molto la grinta di Emma, forse è stata una delle poche cose vere e realmente emozionanti di Amici. Per me i Talent sono un mix di costruzione e notorietà. Non mi fanno impazzire, però devo riconoscere che qualcuno bravo è uscito fuori, Marco Mengoni su tutti.
Non riesco a fare paragoni, mi fai venire in mente un brano del 1979, “A me mi piace vivere alla grande” (Franco Fanigliulo). So che qualcuno ti aveva accostato a Rino Gaetano…
M’incuriosisci, andrò a cercare quella canzone. Fare paragoni è, comunque, tipico di noi italiani. I giornalisti, gli stessi colleghi, tutti provano a “incasellarti”. E’ nella nostra cultura fare così, paragonare un artista di oggi a uno di ieri. In America va diversamente, successo o non successo queste cose passano inosservate.
Si vede che hai studiato psicologia del lavoro, non ti spiace mai cantare il sociale. Però non sei mai stato un cantautore “impegnato”, vero?
“Studiare, lavoro, pensione e poi muoio” è il titolo di una canzone a tema. L’ho scritta in un momento in cui le cose in Italia non andavano benissimo, le cose non sono migliorate. “Metti che campiamo 100 anni, 50 li passo a lavoro, 20 li ho già spesi a studiare e 30 li passo in pensione…“. Questo il succo…
E il prossimo album come sarà?
Mi piace provare a scrivere quello che ancora non è stato scritto. La musica, gira che ti rigira, è sempre quella. Sui testi, invece, si può lavorare. Alcuni temi non sono stati toccati a dovere, penso al ciclo mestruale, agli uomini zerbino e a tante altre storielle…
Per chiudere, preferisci Yoko Ono o John Lennon?
(ride) Amo qualsiasi cosa che i Beatles abbiano prodotto nella loro carriera. Così come amo follemente Battisti (“Vento nel vento” è, forse, la mia preferita). E pensare che son dpovuto andare a Praga per apprezzare “Let it be”: eravamo in gita, avrò avuto 14 anni, c’era un tipo per strada che strimpellava quel pezzo. Gli chiesi cosa cantava. E’ cominciato tutto così…
(Foto by Facebook)
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