Il tascabile Michele Amadori: un po’ Renato Zero e un po’ Anonimo Italiano

Non è alto. Questo mi consola, di alti e belli al mondo dobbiamo essere in pochi. Lo seguo da anni, ho sempre apprezzato il suo modo di fare pop, uno stile essenziale e diretto. Dice di ispirarsi a Baglioni, Paolo Conte e Samuele Bersani. Io vedo in lui un perfetto incrocio tra il primo Anonimo Italiano e Renato Zero. Canta bene, suona benissimo piano e chitarra e conosce la musica a 360°, dal live alla sala d’incisione, dai cartoni animati al teatro… Sarà in scena al Teatro dei Conciatori dal 13 al 18 Novembre con “Avresti un po’ di tempo?”.

“Sono pezzi miei” è un disco dai toni accesi, forti. Un disco impegnato dove “Giovanni Paolo” e “Colori” dimostrano grande sensibilità, anche interpretativa. E con “La bici rossa” fai il verso a Paolo Conte…

Sono ironico, romantico, riflessivo, pazzo, imprevedibile, polemico e passionale. Gioco quindi con la musica cercando di trasmettere attraverso le note ogni lato del mio carattere. Sono pezzi miei è l’album della maturità: il primo brano che citi è dedicato a Falcone e Borsellino (nel titolo ho giocato con i nomi e tutti hanno pensato a Giovanni Paolo II), mentre l’altro è dedicato ai migranti di tutto il mondo. Nel disco ci sono anche canzoni ironiche, che fanno sorridere e le immancabili canzoni d’amore. Ce n’è per tutti i gusti.

Sei a teatro in questi giorni con una commedia brillante: cosa significa per un cantautore incontrare il palco in una veste diversa?

Significa mettersi alla prova. Anche qui gioco. Diciamo che sono uno che non si prende molto sul serio.
Mi piace fare spesso la parte dello “scemo”, in modo che chi abbocca è scemo due volte. Va beh, mi sono capito da solo. Comunque, il palcoscenico è la mia vita. L’unico posto dove forse sono me stesso e non recito affatto.

Quando hai iniziato a fare musica e perché?

Dai 3 anni in poi nel 90% delle mie foto ho un microfono in mano. Ho iniziato a studiare musica intorno ai 7 anni, perché i miei genitori si erano accorti che suonavo la “pianola” ad orecchio, con una facilità impressionante.
A 11 anni ho preso il diploma in teoria e solfeggio. Poi ho studiato il pianoforte, ma dopo il 5° anno mi sono accorto che mi piaceva di più comporre. Da lì le prime canzoni, le autoproduzioni, le prime serate di piano bar. In seguito ho iniziato a insegnare in alcune scuole primarie private di Roma. Faccio il cantautore per mestiere (e faccio la fame) e il maestro per hobby (e prendo lo stipendio).

Hai lavorato anche per il cinema, scrivendo la musica per un cartone animato: come si affronta una cosa di questo tipo, tecnicamente parlando?

Questa è l’ultima esperienza che ho fatto e la annovero tra le più gratificanti. Musicare un cartoon è stato faticoso, divertente ed emozionante. Presto potrete vederlo su Rai2. “La missione di 3 P”. Un film d’animazione di 30 minuti per ricordare Padre Pino Puglisi e farlo conoscere ai più giovani.

Hai 41 anni, hai vissuto da musicista e cantante il finire degli anni ’90. Siamo al 2013, cosa è cambiato?

Non ci sono più i veri talent scout (quelli che andavano nei locali a fare “scoperte”), non ci sono più soldi, non ci sono più i dischi. Ormai tutti scaricano mp3 dalla scarsissima qualità. La musica la ascoltano in tanti e la comprano in pochi. Con il mio primo album (1994) cercai di conquistarmi una piccola fetta di pubblico, giorno dopo giorno. Oggi le auto-produzioni sono l’unica strada per la maggior parte dei cantautori e cantanti. Ho sempre fatto musica per esigenza personale, quindi non sono mai stato dietro a etichette, manager e quant’altro.

Michele Amadori… Ti saluto e ti ringrazio, è da un anno che dovevamo fare questa cosa. Colpa mia. Adesso, però, non perdiamoci di vista!

PS: perché cantautore tascabile…? Solo per l’altezza..?

Sì, per l’altezza e poeticamente mi piace pensare di riuscire a entrare fisicamente nelle tasche delle persone. Quando se ne sente l’esigenza, esco fuori e canto!