Sono nato a pochissimi chilometri da quella scuola. Avevo saputo qualche settimana fa di questa possibilità. Quando ero alle medie, pensavo che un giorno avremmo avuto scuole intitolate ai grandi artisti, ai cantautori, ai poeti moderni. Molto moderni. Forse perché uno degli ultimi episodi de “I ragazzi della 3° C” faceva diventare il “Giacomo Leopardi”, Liceo Classico “Claudio Baglioni” (Passerotto non andare via). Si, c’era addirittura un claim! adesso c’è un piccola e positiva realtà: Catanzaro, quartiere S.Antonio, decide di intitolare un plesso scolastico a Giorgo Gaber. Quante ve ne devo raccontare…
Non insegnate ai bambini…
“..forse una grave imprudenza è lasciarli in balia di una falsa coscienza…stategli sempre vicini, date fiducia all’amore il resto è niente…“. Un manifesto, un testamento. O, più semplicemente, una canzone. Musica leggera, pop(olare). Musica che andrebbe sempre e comunque nobilitata. L’ultimo album di Giorgio Gaber conteneva questo pezzo, una melodia delicata ad accompagnare parole ferme e decise. Nessun sermone, nessuna presunzione. Opinioni che colorano una necessità, quella di raccontare un luogo per quello che è, niente più. Catanzaro è un esempio, in senso lato: da una parte è un un luogo in cui si omaggia qualcuno per quello che ha fatto in vita, dall’altra è un esempio che nuota perfettamente in un mare di occasioni non sprecate. A Roma c’è voluto tanto per intitolare un teatro a Vittorio Gassman. Per non parlare degli altri: a Dro, in Alto Adige, c’è una scuola intitolata a Fabrizio De Andrè, nel periferico quartiere Malafede (Roma) Lucio Battisti è diventato una piazzetta, mentre Alberto Sordi si è sdoppiato, Liceo Linguistico a Monterotondo e Cinema-Teatro ad Ostra Vetere (prov. di Ancona). Chiedo scusa, ma a me mi viene da piangere… Troppo poco. Poco in quantità e qualità, senza offesa. Spesso in molti fanno finta di essere sani, ma non lo sono. Grazie, Signor G. Fortuna che ci sei tu a venirmi in soccorso.
Barbera e champagne!
Sulle note di questa canzone i bambini di Catanzaro hanno raccontato la storia musicale e teatrale di Gaber. Quasi commosso Paolo Dal Bon, Presidente della Fondazione Giorgio Gaber (“Se potessi vi porterei con me domani a Milano per insegnare a tutti come si ricorda un grande del nostro Paese come Giorgio“). Come ha detto più volte Dalia Gaberscik (figlia), lui su quel palco faceva ridere con una semplice smorfia. Ti catturava così e poi non sprecava il fiato. Solo cose sensate, forti, dirette. Ti faceva riflettere, ti portava a un passo dalla commozione. Il Teatro Canzone, da solo, varrebbe premi, riconoscimenti, omaggi, tributi, applausi. Invece c’è tanto altro, c’è la Tv, il rock ‘n roll, i duetti con Jannacci, Mina e Celentano. Il miglior monologo mai scritto sull’amore (La cosa). La miglior canzone sui rapporti di coppia, sulla fedeltà (Il dilemma). La capacità di prevedere, anticipare i tempi, i costumi, le abitudini della nostra civiltà ultra moderna (C’è solo la strada, La strana famiglia, Si può). Io non potrei fare a meno di Giorgio Gaber.