Molti di voi avranno ascoltato in tv una voce a dir poco familiare che intonava un jingle altrettanto celebre: parliamo di Enrico Ruggeri, che si è prestato a interpretare quel ritornello che prima o poi quasi tutti gli italiani hanno canticchiato “tra sé e sé” e che da sempre, dai tempi di Carosello, ha accompagnato le pubblicità dei prodotto Negroni: “Le stelle sono tante, milioni di milioni: la stella di Negroni vuol dire qualità”.
Chi non la ricorda? La versione di Ruggeri, che vi facciamo ascoltare in fondo all’articolo, ha fatto sorridere nostalgicamente la maggior parte del pubblico, ma a quanto pare ha anche fatto “storcere il naso” ad altri consumatori e ascoltatori. Almeno stando alle parole dello stesso cantautore, che oggi, 9 luglio, si è sfogato così attraverso i suoi canali social: “Ho prestato la voce ad uno spot pubblicitario, cantando uno slogan ‘storico’ appartenente alla mia infanzia e a quella di tutti i miei coetanei. Quasi tutti quelli che mi hanno scritto di sono dimostrati divertiti. C’è stata una piccolissima percentuale di duri e puri che invece ha manifestato dissenso, quasi che la cosa fosse ‘dequalificante’ per un musicista che si proclama serio“.
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Così ha esordito, prima di proseguire spiegando non solo che ci sono stati altri grandi artisti, prima di lui, che non hanno avuto problemi ad associare la propria immagine a quella di un marchio (come Jannacci, Dario Fo, Gassman, fino a Fiorello), ma precisando inoltre che ci sono stati anche quelli che “si sono prestati a cose ben più gravi, prostitutorie direi, presso i potenti di turno: quello è venir meno a dignità ed etica”.
Non solo: Ruggeri ha ricordato i tempi del mecenatismo, quando poeti, pittori e musicisti dei secoli passati hanno creato opere d’arte per i nobili presso cui alloggiavano, dipingendo sui muri delle loro abitazioni o componendo versi e musiche per le loro mogli in cambio di beni e ospitalità. Per Ruggeri il denaro “è indipendenza creativa: non ci compro macchine lussuose, barche o cocaina“, ma gli consentirebbe piuttosto di poter scegliere come realizzare i proprio dischi e come scrivere libri e articoli, quali trasmissioni condurre e così via, lavorando così più per scelta che per bisogno, insomma. “Per ottenere e difendere la mia onestà intellettuale posso anche prestare la mia voce. Senza vendere la mia anima“, ha concluso.
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