Nel 1972 usciva in Italia un film dal titolo “Sbatti il mostro in prima pagina”, ottimamente interpretato da Gian Maria Volontè. Oltre 40 anni dopo la tendenza, nel music show, sembra essere diventata quella: l’Eurovision Song Contest vede il trionfo (annunciato) della drag queen Conchita Wurst, con il brano “Rise like a phoenix”. Commozione facile, grande personalità vocale e barba d’ordinanza. Brava, bravissima. Noi stessi avevamo pronosticato la sua vittoria ieri sera su Twitter. Ma se ha vinto, il merito va ascritto al 50% al valore della sua (ottima) performance, sull’altra metà hanno inciso altri ed ovvi fattori. Un po’ come Suor Cristina Scuccia a The Voice of Italy: simpatica, solare, cantante di livello. Ma l’abito fa il monaco, inutile nasconderlo.
Emma Marrone, a sua volta oggetto di critiche (stucchevoli) per il look ‘portato’ sul palco di Copenaghen, non è riuscita a fare meglio del 7° posto di Marco Mengoni nel 2013: per lei classifica deludente (è solo 21esima), ma una pregevole esibizione. “La mia città”, l’abbiamo scritto anche mesi fa, è un pezzo ottimamente arrangiato, dalla melodia riconoscibile, molto italiano ma buono anche per un palcoscenico europeo…
ESC 2014, vince Conchita Wurst: Emma solo 21esima
Per chi non l’avesse capito il termine ‘mostro’ usato in testa all’articolo ha un valore simbolico, non offensivo. Del resto, l’Eurovision Song Contest non è un gigantesco Sanremo e più che una festa della musica europea, pare una sorta di Olimpiade con quella suspence cara al format “Giochi senza frontiere”. La finale di ieri sera ha regalato 26 performance, ma solo 5 o 6 di alto profilo: arrangiamenti simili tra loro, poche chitarre, tantissimo show. Un trionfo di fuochi d’artificio da far invidia ai botti di Capodanno di Fuorigrotta.
Conchita Wurst stravince: la drag queen austriaca era data per favorita, pronostici rispettati. Bella la canzone, ottima l’interpretazione. Ma è stato molto più di un trionfo canoro: lo si evince quando, in coda alla serata, sale sul palco, abbandona le lacrime e scandisce a chiare lettere il grido liberatorio: “We Are Unstoppable“.
Applausi, Sugarkane
Bella prova dell’Olanda, non male Svezia, Spagna, Malta e Armenia. Tornando alla nostra Emma Marrone, troviamo discutibile la ‘guerra’ posta in atto sui social: la salentina è stata massacrata in questi giorni, spesso a sproposito. Nonostante questo, ha retto bene la tensione, dando il massimo e cantando senza sbavature. Ribadiamo, la finale dell’Eurovision Song non ha regalato musica eccelsa, se Emma resta fuori dai primi 10 qualcosa non quadra. In chiusura, un plauso a Leandro Manuel Emede e Nicolò Cerioni,(direzione artistica performance Emma, ndr.), anche loro ingiustamente criticati nei giorni del Festival.
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