Non capita a tutti di infilare tre successi di fila, uno dietro l’altro. Lui c’è riuscito. E non capita a tutti di essere protagonista di un genere musicale, di uno stile che ha fatto scuola, anche all’estero. Soprattutto, non capita a tutti di ritornare con buonissimi propositi e una rinnovata voglia di stupire. Paul Mazzolini, meglio conosciuto come Gazebo, è quello di “I Like Chopin”, di “Masterpiece” e di “Dolce vita”, è l’emblema della ‘Italo Dance’ (detta anche ‘Spaghetti Dance’), l’artista che, a 30 anni di distanza dalla pubblicazione della suo manifesto musicale (I like Chopin, appunto) si ripresenta al pubblico: prima con un live set, “I Like.. Live!”, più avanti con un album di inediti (dovrebbe vedere la luce nei primi mesi del 2014).
Una lunga chiacchierata, senza soluzione di continuità, dai Pet Shop Boys ai Talent Show, da Jerry Calà al commosso ricordo di Marco Trani: nel caso specifico, Gazebo canta per noi – anzi, sussurra – il suo primo successo, “Masterpiece” (1982), dedica speciale per l’amico deejay scomparso nei giorni scorsi…
“I LIKE LIVE”, 1° LIVE SET DI GAZEBO – LEGGI LA NEWS
Partiamo random, Paul: l’altro giorno Claudio Cecchetto mi raccontava di quando i Pet Shop Boys andavano in radio da lui a “chiedere di te”…
(ride) Lo so, loro stessi lo hanno ammesso in un disco: esiste un brano, “Rent”, che riprende addirittura il giro armonico di “I like Chopin”: hanno sempre dimostrato di essere persone oneste e intelligenti. Dopotutto, siamo legati alla stessa radice produttiva, new wave, musica elettronica, post punk…
E non solo, direi
Certo, c’è anche il lato dance: quello viene dall’influenza di Moroder, oltre che da Bobby Orlando, il loro primo produttore. Pensa che lui doveva curare un mio album, poi le cose presero una piega diversa…
Andiamo al presente: come siamo arrivati a questo “Live set”
Era dal 2009 che avevo con me queste registrazioni: è lì che parte la genesi di “I Like Live”. Mi sono accorto che i miei ultimi pezzi (tra cui quello che ho anticipato tempo fa, “Queen of Burlesque”) sono parecchio elettronici, new wave ’80, insomma molto diversi da quelli di “The Syndrone”, così ho pensato: “O faccio uscire adesso il live, oppure più avanti la gente non capirà e sarà troppo tardi!”
Immagino sia stato un lavoro impegnativo…
Quest’estate ho missato il tutto ed è venuto fuori una roba al di là delle mie aspettative: volevo fare tutto in digitale, rivolgendomi al mercato di Amazon, iTunes, poi – soprattutto sui social – siamo stati subissati di richieste e, così, ho pensato di fare un disco vero, effettivo, in alta qualità.
Quando uscirà l’album?
Tocca aspettare i primi mesi del 2014: sarà un album diverso da “The Syndrone”, che invece era un disco molto suonato, con strumentisti effettivi. Ora torno alle origini, all’essenziale elettronico dei primi tempi…
Ricalcherà lo stile che ti ha reso famoso?
Il problema è che io non ho uno stile e solo uno: non sono solo “I like Chopin” e non ho mai fatto due album identici: già il mio secondo, “Telephone Mama” era completamente diverso dal primo. A ripensarci oggi, penso sia stato un grosso errore commerciale, ma spesso la forza vitale dell’artista porta in questa direzione: andare oltre, seguendo sempre e comunque il proprio istinto.
So che una volta hai conquistato una ragazzina con una serenata ‘da spiaggia’: quali sono i tuoi gusti musicali?
Eravamo ragazzini, sì: lei era tedesca, eravamo in Danimarca, in una scuola internazionale. Andando oltre, ammetto di non avere mai avuto un vero background italiano: con i miei siamo tornati a Roma nel ’75: le mie prime cose che ho ascoltato e vissuto sono state la PFM, il Banco del Mutuo Soccorso, tutto il progressive italiano. Oggi posso dirti di avere amato e di amare ancora i Beatles, Lucio Battisti, Bob Dylan. “Blowin’ in the wind” è uno dei primi pezzi che ho strimpellato alla chitarra.
Cine-panettone: sei stato protagonista inconsapevole di “Vacanze di Natale ’83”, le tue hit diedero lustro a quella pellicola…
E’ vero! All’epoca sembrava quasi un accordo commerciale fatto tra il produttore e il mio discografico. Sia “I like Chopin” che “Vacanze di Natale” sono diventati immediatamente due cult, ognuno con il suo personale significato. Ricordo Jerry Calà al pianoforte a suonare i miei pezzi: era un film semplice, ma simpatico, non volgare e con tanta buona musica. Quelli erano gli anni della Italo Dance…
Era l’83, andiamo all’anno precedente: cosa spinse il figlio di un diplomatico a rintanarsi in cantina e incidere il primo singolo di successo, “Masterpiece”?
Per me la musica esiste da quando avevo dieci anni: prima strimpellavo o poco più, ma negli anni ’70 per suonare progressive dovevi essere uno bravo. Né io, né mio padre avremmo mai immaginato per me una carriera discografica: poi il classico fattore ‘C’ ha dato la spinta giusta. Unito, chiaramente, a un’immensa passione.
Musica in Tv: secondo te programmi come Sanremo o X-Factor possono ancora lanciare talenti?
Non credo. Il fine principale di quelle trasmissioni è l’ascolto, non si pensa al talento, ma alla quantità di pubblico che si riesce a coinvolgere. Ti confesso una cosa: se oggi avessi 20 anni, mi boccerebbero ovunque, perché il mio modo di cantare è lontano dagli stereotipi di quest’epoca.
Sei mai entrato in guerra con “I Like Chopin”? Capita a molti grandi cantautori italiani di odiare il proprio ‘capolavoro’…
Dobbiamo essere realisti e intelligenti: la musica non è di uno solo, ma è proprietà sentimentale di tutte le persone che la ascoltano. Loro hanno voglia di rivivere quell’emozione ed è, quindi, ingeneroso privare il pubblico del piacere che tu artista puoi donare con il minimo sforzo. Tutto sommato, ci sono torture peggiori..
Domanda di rito. Ti tocca, Paul: qual è la tua canzone “chiusa nell’armadio”? Quella alla quale sei legato da tanti anni, quella che ascoltavi da giovanissimo e che non hai mai smesso di ascoltare…
Sono tante! A pensarci bene, mi viene in mente un brano mai andato in tv, faceva parte di uno dei primi dischi dei Genesis, “Selling England by the Pound”. Il brano è “Dancing with the moonlit knight”: in quel’album c’era Peter Gabriel che iniziava il pezzo cantando a cappella. Una melodia che mi seguirà per sempre: tra l’altro, in seguito ho fatto anch’io una mia versione a cappella, con i coristi. Vedi, tutto torna…
(foto by Uff Stampa)