Claudio Cecchetto: “Quella volta che rimproverai gli 883…” [INTERVISTA]

Antefatto. Abbiate pazienza, ma ci vuole. E’ il 2004, mi aggiro nella hall del Teatro Ariston di Sanremo, cercando di carpire qualche dichiarazione per una radio locale. Me li trovo tutti davanti, non ho domande preparate, mi tocca improvvisare. C’è la Cortellesi, bellissima, Tony Renis con lo zuccotto in testa, Mogol identico ad oggi e c’è pure un mito per quelli della mia generazione: Claudio Cecchetto. A quasi dieci anni di distanza ci si ritrova, ma questa volta sono preparato. E’ stucchevole tentare una presentazione: lui ha scoperto tutti, da Fiorello a Gerry Scotti, da Pieraccioni a Jovanotti. E, poi, Radio Deejay, il Gioca Jouer, gli 883. Sa sempre di cosa sta parlando, non è mai banale, non se l’è mai tirata: se dovessi trovare un aggettivo direi “dance”, perché è uno che balla su tutto, sulle onde (di una radio), sulle note (di una canzone) e sulle curve (della memoria). Sì, perché da raccontare ne ha tante e la nostra chiacchierata non può fermarsi a “Io Canto” dove anche quest’anno riveste il ruolo di caposquadra: Mike Bongiorno, i Cream, la Rai e il sogno (sfumato) del cinema…

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Scusa se parto male, ma sono anni che voglio chiedertelo: è casuale che nel tuo numero di cellulare ci sia la cifra ‘883’?

No, è voluto! Nessun intrigo internazionale, una volta la mia compagnia telefonica dava l’opportunità di scelta, sborsando qualche lira in più, e così sia io che Pierpa (Pierpaolo Peroni, ndr) non ci siamo fatti sfuggire l’occasione.

“Io canto”, come ti trovi? Quest’edizione presenta parecchie novità…

E’ uno show per tutti, ma non è aperto a tutti: sono anni che arrivano ragazzini molto preparati, ma quest’anno qualcosa doveva cambiare per forza. Roberto Cenci (direttore artistico) ha pensato a nuovi meccanismi. E, così, le sfide, le scelte “al buio”, i ballerini, il progetto autori, il musical. La verità è che i ragazzi del 2000 sono abituati a gareggiare, ma la loro gara l’hanno già vinta, salendo su quel palco e divertendosi sempre di più, settimana dopo settimana.

A noi è piaciuto Marco Muraro, proprio della tua squadra…

L’altra sera ha cantato “Non m’annoio” di Jovanotti, un pezzo difficilissimo. Sembra semplice, ma non lo è mai stato! Marco ha tanta grinta, è uno che può fare bene: in quelli più piccolini deve ancora sparire la “voce bianca”, su di lui, invece, ti puoi già fare un’idea.

Tempo fa hai detto: “Un talent bomba ce l’ho in testa. E’ il contrario del modello The Voice“.

Sì, l’idea del concorrente chiuso in un cubo di plexiglas con i giudici che vedono il suo look, ne seguono le movenze, ma non lo sentono cantare. Perché è arrivato il momento di una formula nuova: in un mondo fatto di media c’è bisogno di personaggi. Forse esagero un po’, ma ti dico una roba: il talent tradizionale sta cercando la nuova Adele, io cerco la nuova Lady Gaga. Inutile nasconderlo, ormai è come in negozio, si guarda prima la confezione e poi tutto il resto…

Baudo ha detto che di talenti veri ne nasce uno ogni vent’anni: negli ultimi tempi ne hai visti e/o sentiti?

Non sono d’accordo con Pippo, io sono la dimostrazione che talenti possono arrivare anche uno dopo l’altro: pensa a Lorenzo, Fiore, poi Max… Il problema è che ai talenti bisogna dare il tempo, oggi si consuma tutto subito, non si da’ a questi ragazzi la possibilità di crescere, di esprimersi. Prima devi essere anche fortunato a scovarli, poi devi essere bravissimo a seguirli, indirizzarli. E devi farlo, partendo da loro. I talent di oggi, invece, ti lasciano solo.

Nel video di Pezzali “L’universo tranne noi” ti si vede alla fine, col volto preoccupato: nella vita reale sei mai stato in ansia per un impegno di lavoro?

Alti e bassi ce ne sono stati tanti, ma se penso al momento più difficile della mia carriera, allora ho pochi dubbi, è stato quando partecipai a “Destinazione Sanremo”. Sono passati una decina d’anni, ma lì ho sofferto tantissimo, per me doveva essere un ritorno importante, invece finì quasi per fare il valletto di Pippo Baudo. Peccato, perché fuori di lì il rapporto con lui è sempre stato ottimo.

Max (Pezzali, ndr.) mi ha detto che Jolly Blu “si poteva fare molto meglio, ma c’erano problemi di costi“. Scommetto che tu ci puntavi moltissimo…

Vero, verissimo. Il budget era striminzito, ma partiamo da qui: avevamo deciso di destinare quei soldi alla realizzazione dei videoclip, poi visto che l’esperimento s’era già fatto con il disco precedente, abbiamo pensato di andare oltre. Il problema è che non avevo calcolato il trucco dei film, l’ho scoperto tardi…

Cioè?

Facile! Di solito fanno così, prima registrano l’inizio, poi la fine. E poi si occupano di quello che sta in mezzo. Noi abbiamo seguito il percorso classico, graduale, fino alla fine, solo che…alla fine il budget era quasi finito!

Tu volevi fare un “musicarello” come quelli di Morandi e Little Tony!

Esattamente! E ci sono riuscito, devo ammettere che l’uscita in vhs e l’anteprima tv ci fecero anche rientrare dei costi. La cosa più bella fu la proiezione in sala: arrivai anche a chiedere un certificato di qualità, ma niente da fare. Insomma, il mondo del cinema non faceva per me…

Una volta Fiorello disse che gli 883 erano la risposta degli anni ’90 alle canzoni di Lucio Battisti, che ne dici?

Beh, Battisti era unico, inconfondibile, il cantautore più cantato nelle spiagge. In linea di massima, il paragone di Rosario ci può stare, Max e Mauro raccontavano storie, situazioni adolescenziali, proprio come Lucio. E qualcuno si identificava in quelle storie, grazie al linguaggio moderno delle canzoni. Quei due erano come i rapper, versi precisi, diretti, immediati.

Ogni anno escono fuori i tormentoni: tu ne hai fatto uno epocale, il “Gioca Jouer”. Ti aspettavi tutto quel successo?

Di solito faccio le cose, perché mi piacciono. Come prima cosa. E lì mi divertivo tanto: quello era un misto tra le situazioni da villaggio vacanze e la discoteca. Più in generale, penso che il successo dipenda da tanti fattori, io volevo uscire due mesi prima, ma Gianni Ravera, patron di Sanremo, mi fece cambiare idea: il “Gioca Jouer” divenne, così, la sigla del Festival. 22 milioni di spettatori a sera, non so se mi spiego…

I tuoi gusti musicali: se ne parla fin troppo poco

Nel complesso, io sono per quei brani che abbiano una matrice dance, pezzi che ti facciano ballare, muovere. Musica uguale allegria, è questa l’equazione perfetta. Determinati messaggi li lasciamo a poeti e scrittori, ala musica è un’altra cosa secondo me. Mi viene in mente una cosa sugli 883, a proposito..

Ti ascolto…

Beh, io non ho mai gradito i lenti. Max e Mauro lo sapevano bene. “Come mai” me l’hanno tenuta nascosta per lungo tempo, proprio per questo motivo. Quando me la fecero ascoltare, quasi li rimproverai e dissi loro: “Odio i lenti, ma amo i capolavori!”. Sai bene come è andata a finire…

Due parole su Jovanotti e le critiche a #IQNF dopo gli ascolti inferiori alle attese: una parte della critica lo ha affondato per via della regia eccessivamente “giovane”…

Sì, lo so bene, ho seguito tutto. Tutti sappiamo (e sapevano) che il materiale girato fosse stato interamente costruito secondo la mentalità di Lorenzo. Ognuno rappresenta se stesso, va così. Il suo pubblico ha compreso e apprezzato subito, gli altri sono rimasti un po’ spiazzati, ma non del tutto: nei giorni seguenti ho “intascato” complimenti dal benzinaio, o dal mio commercialista. Sono restati impressionati…

Il giorno dopo il direttore Giancarlo Leone era soddisfatto…

Lorenzo ha dato alla Rai quello che lo rappresentava meglio, era quello che gli era stato chiesto. Il problema di fondo è che il pubblico deve abituarsi gradualmente, anche con Dj Television alcuni preferivano l’ospite in studio alla musica, nulla si apprezza e si capisce in poco tempo.

E’ colpa di YouTube e simili se le tv musicali non vanno più?

E’ ancora più semplice, quando arriva un media nuovo a rimetterci è sempre un media vecchio. Un tempo stavi davanti alla tv ore e ore in attesa del videoclip del tuo beniamino. Oggi regna la tv on-demand e, infatti, realtà come MTV hanno dovuto adeguarsi fornendo contenuti completamente diversi.

Dammi un aggettivo diverso per tre anchorman che hai lanciato: Fiorello, Gerry Scotti e Amadeus

Fiorello è universale, Gerry è il più bravo, Amadeus il naso più simpatico della televisione italiana! (ride)

Mike Bongiorno, non ti chiedo aggettivi: è stato lui a scoprire te, vero…?

Fui segnalato a lui dall’imprenditore Silvio Berlusconi: Mike cercava un giovane dj, così venne direttamente a trovarmi in radio. Credevo fosse uno scherzo, come tutti quelli che si fanno di solito in ambienti del genere. Invece me lo sono ritrovato davanti e ho pensato: “Parla proprio come in tv!“. Ho ascoltato per tutto il tempo, ma stavo vivendo un momento surreale, inverosimile…

Chiudo: la tua canzone “chiusa nell’armadio”, quella che amavi da ragazzino e che oggi ti ritrovi a canticchiare nei momenti di relax

L’unica che mi viene in mente così, d’istinto, è certamente “Badge” dei Cream. Devi sapere che io ho una pessima memoria, quella era l’unica canzone che cantavo alla perfezione, in un inglese tutto mio, ma alla perfezione. Un bellissimo ricordo, davvero.

(foto by kikapress.com)