“Parlare di musica è come ballare di architettura“. Non significa nulla, forse, ma è il modo in cui il grande Frank Zappa affianca e accostava due arti diverse: l’architetto nella musica cos’è se non una sorta di direttore d’orchestra interno alla band? Ray Manzarek è stato questo, l’anima e il cuore dei Doors. La sua morte permette di abbracciare il ricordo di un tempo irripetibile, anni in cui era possibile vedere sulla scena personaggi come Jim Morrison, uno che, come diceva lo stesso Ray, “era il simbolo della libertà, un uomo libero che leggeva tanti libri e questo gli apriva le porte del cervello…“. Il pianista dei Doors è deceduto dopo aver lottato a lungo contro il cancro: aveva 74 anni e rappresenterà sempre una delle pagine più importanti del rock psichedelico.
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IL TASTIERISTA-BASSISTA…
Un omone che vestiva all’americana, intelligente, sensibile e con una vastissima cultura musicale. Qualche anno fa aveva anche partecipato al “Pistoia Blues“, senza tirarsela più di tanto aveva deciso di raccontare sé e la storia dei Doors al microfono di un fortunato cronista del Corriere. Recuperare quella breve intervista permette un tuffo nel passato, fa apprezzare ancora di più l’uomo Ray, oltre che il musicista, per quello basta ascoltare la storia. Non dimenticatelo, i Doors non avevano un bassista: il ruolo del basso era svolto dai pedali della tastiera di Ray Manzarek. Ecco l’impronta, ecco l’architettura…
OLIVER STONE
Per il tastierista di Chicago, Jim Morrison era uno che scriveva poesie, soprattutto non era l’ubriacone matto dipinto dalla nota pellicola di Oliver Stone. Un film “che ha rappresentato il veleno, fortuna che recentememte è arrivato l’antidoto, il documentario sulla vita dei Doors…“. Dopo la morte del frontman, è stato lo stesso Manzarek a tentare più volte di far rivivere la band.
MUSICA METICCIA
“I Doors erano il suono di Los Angeles – ha twittato Slash, altra leggenda del rock -. Riposa in pace Ray, le parole non hanno significato ora“. Musicalmente i Doors rappresentarono, di certo, una grande novità nel panorama della musica internazionale. Una di quelle band che lascia il segno, anche per il suo essere meticcio: come raccontava lo stesso Ray, “Krieger portò le chitarre del flamenco, io un po’ di musica classica con un po’ di blues e jazz e John Densmore era dentro il jazz sino al midollo. Jim portava la poesia della beat generation e quella del simbolismo francese…” (intervista alla radio pubblica americana Npr, 13 anni fa).
L’ANEDDOTO
Manzarek amava raccontare di quando lui e Jim Morrison avevano sfidato il produttore Ed Sullivan che aveva chiesto loro di non utilizzare, nei concerti, la parola ‘higher’ (sballato), nella loro “Light My Fire“. Preferibili parole dalla cadenza simile, ma dal significato più innocente: ‘wire’ (cavo) o ‘flyer’ (volantino). Ray e Jim, in camerino prima del famoso concerto del 1969, avevano risposto: “Certo signore, come vuole lei”. In seguito, come da copione, usarono la parola incriminata! “Sullivan si arrabbiò così tanto che non ci strinse nemmeno la mano alla fine del concerto“. Questa è storia, è passato: cose del genere non accadranno più. Lunga vita, Ray.
(foto by kikapress.com)