Conversando con Andrea Celeste: crooner donna che ama Tenco e Carole King

Conversare con quelle come lei è un piacere, oltre che un privilegio. Bastano 100 secondi e ti rendi conto di quanto forte sia il rapporto tra la donna e la musica. La sua musica. Andrea Celeste canta in italiano e in inglese, scrive i testi, compone, non disdegna le cover (“Born to be alive” le dona l’etichetta di cantante confidenziale!) ed è un bellissimo “animale da palco”: il live è la sua dimensione, anche se l’ultimo disco (Something Amazing) mette in evidenza tutto il suo percorso… Ha solo 26 anni, ma in pratica fa musica da quand’era piccina, da quando saltellava per casa intonando “Yellow submarine“…

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Andrea Celeste, come quella della telenovela!

Colpa di papà… All’anagrafe sono Celeste Ieffa, lui voleva il doppio nome, ma gliel’hanno impedito! e così alla fine ho deciso di utilizzare questo nome da maschietto per la mia carriera artistica. Suona bene, no?

Suona alla gente che suona! come il tuo ultimo album, “Something Amazing”…

La mia strada è iniziata sotto le stelle del jazz, adesso ho effettuato una leggera virata verso un pop contaminato, un suono molto aperto ai generi che sono nelle mie corde, gospel, blues, jazz… Something Amazing rappresenta una vera evoluzione per me, una grande emozione. Io e i miei musicisti abbiamo deciso di lasciarci andare, senza seguire questo o quel genere, alla fine siamo rimasti soddisfatti, perchè il tutto ci ha realmente emozionato!

Ti hanno paragonato a Diana Krall ed Anita Baker, io dico Nicky Nicolai… Tu che dici?

Grandissima voce, artista elegante. Anche io, come lei, amo passare dal Jazz al Pop senza soluzione di continuità. Mi piace, bell’accostamento!

Con “Andrea Celeste Quartet” hai fatto cose bellissime in giro per l’Italia: “Se stasera sono qui” di Tenco è uno dei punti più alti del vostro spettacolo

Tenco è un gigante, adoro il suo modo di fare musica, mi emoziona, mi commuove come pochi sanno fare, pochissimi. Inoltre l’esperienza del Quartet ha stimolato me ed i musicisti alla produzione di un disco tutto italiano, con brani miei, un esperimento al quale tengo moltissimo. Così come tengo al pensiero di rendere omaggio a tutta la scuola genovese, anzi dopo ti dico una cosa a riguardo…

Ok, aspetto.. Parli di un disco in italiano: sono felice, ma come mai fino adesso ti sei “dedicata” ad una lingua diversa dalla tua?

Non ci sono fini commerciali, è una questione d’istinto, oltre che prettamente artistica. Pensa che a 11 anni cantavo il gospel, per forza di cose la musica era per me un fatto anglosassone, o comunque non legato alla cultura italiana

Segui X-Factor…?

Un mezzo potentissimo, uno spettacolo televisivo a 360°, ma lontano da me. Non lo dico per snobismo, ma semplicemente perchè io proprio non riuscirei a farmi riprendere dalle telecamere mentre faccio prove o lezioni di canto. Perderei facilmente la concentrazione, per come sono fatta.

Dove (e come) ti vedi tra 20 anni? Blue Note a parte, in quale posto sogni di trovarti a cantare?

Avrò 46 anni, spero di esserci anzitutto! per il resto, continuare a fare musica, in qualsiasi maniera, anche insegnando perchè no! avrò accumulato un po’ di esperienza e mi piacerebbe a quel punto mettermi al servizio dei giovanissimi, magari come vocal coach. Sul sogno, beh… Sai, vado matta per Carole King: come lei, vorrei esibirmi al Carnegie Hall di New York. Sarei felicissima!

Abbassiamo il livello dell’intervista… Mi dici cosa cantavi da ragazzina?

Dai! ero piccina e per caso mi agitavo confusamente intonando (urlando…) “Yellow Submarine” dei Beatles. Chiramante con un inglese tutto mio.. 🙂 Qualche anno più tardi invece mi trovavo al più classico dei Karaoke: ricordo bene che mi cimentai con un pezzo di Syria, credo si chiamasse “Sei tu”. Sarà stato il ’97…

Cos’è che volevi dirmi prima..?

A proposito della scuola genovese. Oltre a Tenco, De Andrè e Bindi, penso soprattutto ad un ligure acquisito come Bruno Lauzi: “Genova e la luna” è una canzone senza aggettivi. I miei musicisti (Dado Moroni in testa) mi hanno fatto crescere molto, sia a livello umano, sia artistico.. Ma questi mostri sacri sono la mia storia musicale. La loro musica da’ ancora emozioni a me, io cerco ogni giorno di fare lo stesso col mio pubblico…

(Ph. Andrea Piacquadio)

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